Autostrade per l’Italia s.p.a. e Autostrade Tech s.p.a. (cessionaria dal 2010 di ramo d’azienda di ASPI che includeva, tra l’altro, anche la gestione dei sistemi di controllo della velocità) convenivano in giudizio il titolare del brevetto del Sistema informativo per il controllo della velocità, cd. “Tutor”, impiegato su tratti stradali da loro gestiti 

Quest’ultimo, con diverse lettere, aveva avanzato nei confronti della predetta società pretese di carattere economico in ragione del proprio brevetto.

Ma quali pretese economiche? Autostrade per l’Italia sosteneva di essere l’unica titolare del sopracitato software.

Le due società chiedevano, pertanto, che il giudice ordinario accertasse tale circostanza e nello stesso tempo, verificasse l’esistenza, nonché la validità del proprio brevetto sul “Sistema di sorveglianza e controllo del traffico veicolare su strade e autostrade“, registrato già nel 1999.

Il processo di merito

I giudici della VII Sezione civile del Tribunale di Roma, hanno respinto il ricorso presentato dalle società autostradali per mancato assolvimento dell’onere probatorio ad esse spettanti.

Invero, oggetto del giudizio era un fatto negativo, ossia la prova del “fatto positivo contrario”. Sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che “l’onere probatorio gravante su chi intende far valere in giudizio un diritto, ovvero su chi eccepisce la modifica o l’estinzione del diritto da altri vantato, a norma dell’art. 2697 c.c., “non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto “fatti negativi”, in quanto la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude né inverte il relativo onere, gravando esso pur sempre sulla parte che fa valere il diritto di cui il fatto, pur se negativo, ha carattere costitutivo. Tuttavia, in tal caso la relativa prova può esser data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, od anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo (Cass. 23229/04; Cass. sez. I, 7 maggio 2015, n. 9201).

Sicché, nel giudizio de quo, la prova del “fatto positivo contrario” avrebbe dovuto portare le due società ricorrenti a dimostrare che l’effettiva titolarità della proprietà intellettuale del software di controllo della velocità, fosse loro riconducibile.

Ma nulla di tutto ciò era avvenuto nel corso del giudizio.

A tal proposito, il Tribunale capitolino ha altresì chiarito che “la proprietà dei diritti di brevetto avviene con la loro registrazione e la negoziazione tra soggetti terzi di diritti di proprietà industriale non è atta a comprovare la titolarità in capo alle parti contraenti, potendo darsi la possibilità che alcune di esse sia cessionarie ovvero subcessionarie“.

Non è bastato, dunque, alle due società produrre ordini di acquisito riconducibili allo sviluppo e implementazione del software, recanti la clausola “Proprietà intellettuale ed industriale” perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

La redazione giuridica

 

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