Nasce a Roma un network internazionale per sviluppare e condividere protocolli di valutazione, diagnosi e trattamento “open-access”
Secondo studi recenti, nel mondo 1 bimbo ogni 100 ha un disturbo dello spettro autistico e il fenomeno è in crescita. In Italia il problema coinvolge circa 500.000 famiglie. Tuttavia, sono ancora troppe le aree del mondo in cui la conoscenza dell’autismo è limitata e l’accesso a diagnosi e trattamento è di fatto precluso. Si tratta principalmente dei Paesi a basso o medio reddito.
La stessa ricerca scientifica è condotta in pochi Paesi, tutti ad alto reddito: l’86,5% dei casi di autismo identificati negli studi epidemiologici proviene infatti da Nord America, Europa e Giappone; il resto del mondo è lasciato fuori dal monitoraggio.
Per reagire a questo squilibrio, segnalato dall’Oms, l’Ospedale Bambino Gesù di Roma ha promosso la nascita di un network internazionale; una rete composta da clinici e ricercatori provenienti da 20 Paesi e 4 continenti.
L’obiettivo è sviluppare e condividere protocolli di valutazione, diagnosi e trattamento “open-access”, meno costosi e più facilmente accessibili, che possano essere applicati in ogni contesto sociale e culturale.
Il network si riunirà per la prima volta a Roma domani, in previsione della Giornata Mondiale della consapevolezza sull’autismo, il 2 aprile.
Nel comitato scientifico, oltre all’Italia, anche la Serbia, la Giordania, la Georgia, il Messico e il Brasile.
Il progetto del Bambino Gesù, della durata di 4 anni, parte da un’esperienza pilota in Giordania; qui, dal 2013, è attivo un progetto di collaborazione con l’Ospedale Italiano di Karak. A oltre 250 bimbi sono stati diagnosticati disturbi del neurosviluppo.
I neuropsichiatri del Bambino Gesù hanno svolto incontri basati sull’adattamento del modello di “terapia cooperativa mediata dai genitori”; hanno dato indicazioni sulla stimolazione del bambino a casa e per la gestione quotidiana del disturbo e si sono occupati della formazione degli operatori.
“I progressi fatti – spiega il neuropsichiatra Giovanni Valeri – ci dicono che alcuni modelli di intervento, pur in forma semplificata, posso essere replicati con la stessa efficacia anche in contesti diversi”.
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