In materia di assegno di divorzio, l’esistenza di un’eventuale disparità tra le posizioni economiche dei coniugi non riguarda soltanto i redditi ma anche il patrimonio e, in generale, qualunque utilità suscettibile di valutazione economica

La vicenda

Dopo aver dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il Tribunale di Reggio Calabria (1331/2019) ha deciso in ordine alla richiesta di assegno di divorzio formulata dall’ex moglie

La donna risultava non più occupata e nel 2016 aveva ottenuto dal Tribunale,  una revisione in aumento dell’assegno di mantenimento a carico dell’ex marito determinato in 300,00 euro mensili.

Con la sentenza n.1827/2018 le Sezioni Unite della Cassazione, hanno composto il contrasto giurisprudenziale insorto a seguito della pronuncia n. 11504/2017, stabilendo che ai sensi dell’art. 5 comma 6 della legge n.898/1970, dopo le modifiche introdotte con la legge n.74 del 1987, “il riconoscimento dell’assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione non soltanto assistenziale ma in pari misura compensativa e perequativa, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi o comunque dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l’applicazione dei criteri di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro di cui si deve tenere conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico – patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all’età dell’avente diritto”.

La valutazione delle condizioni economiche delle parti e, dunque, dell’eventuale divario costituisce un accertamento ineludibile rivolto a entrambe le parti, con la conseguenza che la conoscenza comparativa di tali condizioni costituisce un accertamento pregiudiziale a qualsiasi successiva indagine sui presupposti dell’assegno.

Il nuovo indirizzo della giurisprudenza di legittimità

Con questo nuovo indirizzo i giudici di legittimità hanno inteso salvare e, al tempo stesso, valorizzare il principio di autoresponsabilità e di autodeterminazione, pur sempre nel rispetto dei principi di dignità personale e di eguaglianza.

L’assegno di divorzio non ha dunque, e qui sta la seconda grande novità, un carattere meramente assistenziale perché non si basa più solo né sulla disparità economica tra i coniugi (criterio del tenore di vita) né sulle condizioni soggettive del solo richiedente (criterio dell’autosufficienza economica).

La Corte, infatti, ricorda che lo scioglimento del vincolo incide sullo status, ma non cancella gli effetti e le conseguenze delle scelte e le modalità di realizzazione della vita familiare; in altre parole occorre tenere conto dei sacrifici fatti da uno, o da entrambi i coniugi, nell’interesse della famiglia e durante la vita matrimoniale, sacrifici che possono aver comportato, per l’uno o per l’altro, degli effetti irreversibili che, nell’ottica del principio di uguaglianza tra i coniugi e di rispetto della dignità personale, devono necessariamente essere compensati mediante il riconoscimento di un contributo di natura perequativa.

Attraverso una valutazione che può definirsi a step, il giudice del divorzio deve pertanto accertare, mediante il ricorso anche ai poteri ufficiosi riconosciuti dalla norma, l’esistenza di un’eventuale disparità tra le posizioni economiche complessive di entrambi i coniugi.

È evidente che detta valutazione non riguarda solo i redditi ma anche il patrimonio e, in generale, qualunque utilità suscettibile di valutazione economica.

L’eventuale, rilevante, squilibrio tra le posizioni dovrà poi essere causalmente ricollegato alle scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio, con il sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti in funzione dell’assunzione di uno ruolo trainante endofamiliare. E qualora, tale divario esista, il giudice deve verificare se esso possa essere superato dal richiedente l’assegno, mediante il recupero o il consolidamento della propria attività professionale. Sotto questo specifico profilo, il fattore età del richiedente è di indubbio rilievo al fine di verificare la concreta possibilità di un adeguato ricollocamento sul mercato del lavoro.

Quanto al caso in esame, il Tribunale aveva accertato che la richiedente fosse priva di occupazione lavorativa e che tale circostanza fosse stata il frutto anche di scelte familiari legate alla presenza di due figli. Il Tribunale ha pertanto accolto la sua richiesta, ponendo a carico dell’ex marito l’obbligo di corrisponderle la somma di 400 euro mensili, a titolo di assegno di divorzio

La redazione giuridica

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