La Corte di Cassazione ha fornito precisazioni sulle immissioni rumorose e la possibilità per il condomino di essere risarcito per il danno subito

La questione delle immissioni rumorose nel condominio è un problema molto sentito, siano esse derivanti da rumore, fumo o cattivi odori.
Nello specifico, la materia riguardante le immissioni rumorose è disciplinata dal codice civile e, in particolare, dall’art. 844 che dispone come “il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi”.
Ebbene, considerato questo, le immissioni rumorose vietate sono quelle che superano la normale tollerabilità; quando però queste non superano livelli di comune accettabilità, non possono essere impedite.
La Corte di Cassazione si è espressa sul punto di recente con l’ordinanza n. 20445, pubblicata in data 28 agosto 2017, fornendo chiarimenti sul tema della risarcibilità dei danni da immissioni rumorose.
Nello specifico, ha cassato la sentenza della Corte d’Appello di Roma che aveva negato il diritto di una condomina al risarcimento del danno da immissioni rumorose provenienti da una falegnameria.
Questo perché i giudici hanno ritenuto che lo stesso fosse risarcibile “solo ove ne sia derivata comprovata lesione alla salute”, non essendo risarcibile la minore godibilità della vita.
A questo avevano aggiunto che, da un punto di vista probatorio, la condomina “avrebbe dovuto produrre idonea documentazione sanitaria e chiedere l’espletamento di una c.t.u. medico-legale”.

La Cassazione, però, nel cassare la sentenza impugnata, ha deciso di aderire all’orientamento consolidato per cui il danno non patrimoniale che, tuttavia, esula da quello alla salute, risulta sempre sussistente, non necessitando dunque di una prova specifica.

Ne consegue che, una volta accertato che le immissioni rumorose superano la soglia della normale tollerabilità di cui all’art. 844 Cc, la liquidazione del danno da immissioni, risulta sussistente in re ipsa (Ex multis: Cass. 23283/2014; Cass. 7048/2012; Cass. 6612/2011; Cass. 5844/2007).
Più precisamente, nell’ordinanza si specifica che “il danno non patrimoniale conseguente a immissioni illecite è risarcibile indipendentemente dalla sussistenza di un danno biologico documentato, quando sia riferibile al normale svolgimento della vita personale e familiare all’interno di una abitazione e comunque del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita, trattandosi di diritti costituzionalmente garantiti, la cui tutela è ulteriormente rafforzata dall’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, norma alla quale il giudice interno è tenuto a conformarsi (vedi Cass. 16/10/2015, n. 20927); ne consegue che la prova del pregiudizio subito può essere fornita anche mediante presunzioni o sulla base delle nozioni di comune esperienza”.
Per tali ragioni, il ricorso della condomina è stato accolto con la liquidazione del danno in favore della ricorrente, quantificato in 10.000 euro oltre agli interessi legali.
Un discorso a parte è quello che riguarda il danno non patrimoniale alla salute, ossia quello cagionato dalle immissioni rumorose e che si sostanzia in una vera e propria malattia.
In questo caso, se le patologie cliniche sono documentate dalle certificazioni mediche, occorre dimostrare il nesso eziologico tra le immissioni e la malattia riscontrata.
 
 
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