Il lavoratore svolgeva mansioni di “operaio addetto al reparto per il confezionamento”; provato che all’interno dell’azienda non ci fossero mansioni compatibili con la sua condizione fisica e le sue competenze

Era stato licenziato dalla società datrice di lavoro per giustificato motivo oggettivo e il Tribunale di Lodi ne aveva respinto la richiesta di dichiarare la nullità del provvedimento, ritenendo che l’interruzione del rapporto lavorativo fosse legittimata, ai sensi della legge n. 604 del 1966, dalla “sopraggiunta idoneità fisica del lavoratore” a svolgere le proprie mansioni, in quanto ipovedente. Il Giudice, inoltre, aveva ritenuto dimostrata l’impossibilità per l’azienda di affidargli altre mansioni, equivalenti o inferiori, compatibili con la sua condizione.
Tale ultima circostanza veniva contestata dal lavoratore davanti alla Corte di Appello di Milano, in base alla considerazione secondo cui non era in realtà stata dimostrata l’inesistenza di altre postazioni lavorative a cui egli poteva essere adibito. Secondo l’appellante, in particolare, il datore di lavoro “è tenuto ad adottare accomodamenti al fine di consentire ai disabili di accedere al lavoro o di continuare a svolgerlo, pena la violazione del divieto di discriminazione sulla base della disabilità”.
La Corte d’appello, tuttavia, non ha ritenuto di accogliere tale argomentazione rigettando la domanda del lavoratore e confermando integralmente, con la sentenza n. 289 del 3 febbraio 2017, la pronuncia di primo grado. I Giudici, infatti, hanno ribadito che in caso di sopravvenuta infermità permanente del lavoratore, divenuto quindi inidoneo a svolgere le proprie mansioni, sussiste un giustificato motivo di licenziamento solo se possa escludersi la possibilità per il datore di lavoro di adibire il dipendente ad una diversa attività lavorativa.
Nel caso esaminato la Corte territoriale ha ritenuto che, in primo grado di giudizio, la non sussistenza di mansioni compatibili con la sopravvenuta inidoneità alle precedenti mansioni fosse stata adeguatamente provata. Il lavoratore, infatti, che prima di diventare ipovedente svolgeva mansioni di “operaio addetto al reparto per il confezionamento”, era stato valutato inidoneo allo svolgimento di tale mansione dopo lo svolgimento di una visita medica da cui era risultato “cieco con residuo visivo non superiore a un ventesimo in entrambi gli occhi con eventuale correzione”. Inoltre, le testimonianze raccolte avevano consentito di appurare che effettivamente, all’interno dell’azienda, nessun’altra mansione appariva compatibile con la condizione fisica e con le competenze del lavoratore in questione.

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