Il pm ha chiesto la condanna per i due medici nel caso dell’oncologa in coma da tre anni dopo il parto cesareo. I fatti risalgono al maggio del 2014

È in dirittura d’arrivo il processo sul caso di Catia Viscomi, la donna calabrese in coma da tre anni dopo il parto cesareo che le ha permesso di dare alla luce un bambino.
Bimbo che la donna, un’oncologa, non ha mai potuto vedere o accarezzare.
I fatti risalgono al maggio 2014. La signora, anche lei medico, ha dato alla luce con un parto cesareo il suo primo figlio all’ospedale Pugliese- Ciaccio di Catanzaro.
Dopo la nascita del piccolo, la donna è andata in coma perché né l’anestesista né i medici si sono accorti che la Viscomi non riceveva più ossigeno.

I macchinari che di solito monitorano il paziente – emettendo un suono quando i valori sono sotto la media – in quel momento erano infatti silenziati su richiesta proprio dell’anestesista che non sopportava quel suono di allarme che avrebbe potuto salvare Catia dal coma.

Nel frattempo, l’anestesista è deceduta. Attualmente, dunque, risultano imputati nel processo due medici. Per loro il pm Deborah Rizza ha chiesto due condanne.
Nello specifico, per il ginecologo Francesco Quintieri e il direttore dell’Unità operativa di Anestesia e Rianimazione del nosocomio Mario Verre, entrambi giudicati con rito abbreviato, ha chiesto 2 anni e 8 mesi di reclusione ciascuno.
Quintieri deve rispondere di lesioni e falso ideologico. Il medico non avrebbe impedito all’anestesista in servizio la disattivazione delle apparecchiature. Inoltre, ha attestato nella cartella clinica circostanze false.
La posizione di Verre, invece, si è aggravata per la richiesta formulata in aula dalla Procura di contestare all’imputato anche le lesioni personali colpose. Il medico avrebbe indebitamente rifiutato “di inibire parzialmente o totalmente l’esercizio delle funzioni alla stessa anestesista”.
Una vicenda giudiziaria complicata e molto travagliata.

Entrambi i medici, infatti, si trovano a processo da quando il gip Giuseppe Perri respinse la richiesta della Procura di archiviare il caso per l’intervenuto decesso dell’unica indagata, l’anestesista presente al parto.

A quel punto era stato disposto a carico della Procura un supplemento di indagini. Queste sono state volte a chiarire una vicenda drammatica e piena di punti oscuri.
Da qui l’iscrizione nel registro di altri due indagati.
Si ritornerà in aula il prossimo 2 febbraio, quando inizieranno le arringhe difensive dei legali Antonietta Denicolò e Giuseppe Incardona, per proseguire il 12 febbraio con la discussione del legale Enzo Ioppoli.
 
 
 
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