Una interessante pronuncia della Cassazione fa il punto in merito alla indennità di avviamento relativamente ai contratti di locazione.

Con la sentenza n. 15373/2018, la Cassazione ha fornito chiarimenti in merito alla rinuncia della indennità di avviamento in un contratto di locazione ad uso non abitativo.

La vicenda

Nel caso di specie, tutto è iniziato con un decreto ingiuntivo del Tribunale di Torre Annunziata. Questo è stato emesso in favore della società conduttrice di un contratto di locazione ad uso non abitativo nei confronti del proprietario locatore. Esso aveva ad oggetto le somme ritenute dovute a titolo di indennità di avviamento.

Ebbene, contro il decreto, il proprietario locatore ha promosso opposizione.

Questa è stata accolta dal Tribunale e confermata dalla Corte di Appello di Napoli, sostenendo che la pretesa fosse infondata.

Ciò in quanto le parti si erano accordate per escludere il pagamento della indennità di avviamento: di essa si era tenuto conto della determinazione del canone di locazione.

A tal proposito, il Tribunale di Torre Annunziata ha motivato l’accoglimento dell’opposizione rifacendosi a una pronuncia della Cassazione ( n.14611/2005).

In base a tale sentenza, la previsione di un canone inferiore a quello originariamente concordato è ammissibile in presenza di una rinuncia da parte del conduttore ai diritti derivanti dal contratto di locazione relativamente alla prelazione, al riscatto e all’ indennità di avviamento.

La società conduttrice, quindi, ha fatto ricorso per Cassazione.

Gli Ermellini hanno deciso di accogliere il ricorso e cassare la sentenza impugnata. Ciò è avvenuto rifacendosi alla interpretazione dell’art.79 della legge 392/19781.

Questa norma tutela alcuni diritti imprescindibili del conduttore da qualsiasi loro elusione.

In sostanza, si afferma che le parti possono negoziare sui diritti nascenti dal contratto, in particolare in merito al diritto all’indennità di avviamento, solo successivamente alla conclusione del contratto stesso.

Ciò avverrà quando il conduttore non è più in una condizione di “debolezza” rispetto al locatore per il timore di essere costretto a lasciare l’immobile.

Pertanto, ne consegue che ogni rinuncia che sia preventiva rispetto alla conclusione del contratto, è da ritenersi nulla.

Alla luce di ciò, la Cassazione ha affermato che i diritti vantati dal conduttore s possono essere oggetto di rinuncia solo una volta sorti.

Scrive la Corte che “è nulla ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto o ad attribuire al locatore un canone maggiore rispetto a quello previsto dagli articoli precedenti ovvero ad attribuirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della presente legge”.

Inoltre, ricordano i giudici che il conduttore con azione proponibile fino a sei mesi dopo la riconsegna dell’immobile locato, “può ripetere le somme sotto qualsiasi forma corrisposte in violazione dei divieti e dei limiti previsti dalla presente legge”.

E conclude: “In deroga alle disposizioni del primo comma, nei contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, anche se adibiti ad attività alberghiera, per i quali sia pattuito un canone annuo superiore ad euro 250.000, e che non siano riferiti a locali qualificati di interesse storico a seguito di provvedimento regionale o comunale, è facoltà delle parti concordare contrattualmente termini e condizioni in deroga alle disposizioni della presente legge. I contratti di cui al periodo precedente devono essere approvati per iscritto”.

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