Questa pronunzia degli Ermellini (Cass. Civ., Sez. III, N. 26728 del 23 ottobre 2018) contiene un nuovo principio di diritto sulla omissione del consenso informato in un caso di danno alla sfera sessuale

La vicenda è stata affrontata in prime cure dal Tribunale di Pisa dove un uomo ha convenuto in giudizio due medici, un andrologo e un urologo e i rispettivi Enti ove gli stessi prestavano l’attività professionale (Università degli Studi e Azienda Ospedaliera) per violazione degli obblighi inerenti la raccolta del consenso informato per l’intervento di fallo-plastica additiva cui era stato sottoposto. Nel giudizio di primo grado è intervenuta anche la moglie del danneggiato chiedendo il risarcimento del danno subito alla propria sfera sessuale e il danno morale derivato come effetto riflesso.

Le prime cure si sono concluse con il riconoscimento di responsabilità contrattuale per l’Azienda Ospedaliera e l’Urologo. Alla moglie del danneggiato non è stato riconosciuto il risarcimento per il danno riflesso poiché il Tribunale ha ritenuto che l’omissione del consenso informato involga diritti personali del solo danneggiato.

I due coniugi impugnano la decisione alla Corte d’Appello di Firenze contestando anche il mancato riconoscimento di omissione di consenso informato anche da parte dell’Andrologo.

La Corte d’Appello rigetta l’impugnazione.

La decisione di Appello viene impugnata in Cassazione per quattro motivi.

Con il primo motivo si impugna l’esclusione di responsabilità per omessa acquisizione del consenso informato in capo al Chirurgo (urologo) considerato dalla Corte territoriale non primo operatore ma mero aiutante nella equipe chirurgica.

Con il secondo motivo si impugna l’omesso esame dell’attività professionale svolta dall’Andrologo che concretamente aveva convinto il danneggiato a sottoporsi all’intervento chirurgico.

La Suprema Corte riconosce la mancata prestazione del consenso informato anche da parte del Medico curante del danneggiato (Andrologo) e afferma il seguente principio di diritto “in tema di consenso medico informato riguardo all’esecuzione di un intervento operatorio, qualora risulti che esso  è stato eseguito da un sanitario come capo equipe chirurgica, ma che altro sanitario che abbia partecipato all’operazione come aiuto-chirurgo sia stato quello che ha consigliato l’intervento al danneggiato, erroneamente la sentenza di merito, avendo accertato il difetto del consenso informato, riferisce la responsabilità al solo capo dell’equipe, ancorchè egli abbia eseguito l’intervento, e non anche all’aiuto chirurgo, giacchè costui, nell’eseguire la propria prestazione con il consigliare l’intervento, deve reputarsi anch’egli responsabile di non avere assicurato l’informazione dovuta”.

Con il terzo motivo viene contestata la mancata  valutazione,  da parte dei Giudici di Appello, degli effetti della violazione dell’obbligo di informativa e della sua incidenza nella determinazione del nesso di causalità con l’evento.

In particolare la Corte territoriale non esaminava con interezza l’evento lesivo in relazione al rischio di un esito peggiorativo della salute del paziente che la C.T.U. ha valutato nella misura del 25% in quanto non è stato considerato che il danno differenziale da lesione da omesso consenso informato doveva essere stimato parametrandolo alle conseguenze lesive subite e non semplicemente come danno da violazione del diritto di autodeterminazione.

Con il quarto motivo viene impugnata la mancata pronunzia della Corte d’Appello sul danno riflesso della moglie del danneggiato.

La Suprema Corte considera questo motivo fondato ed afferma che la condotta omissiva che incide sulla sfera sessuale di una persona trasla i suoi effetti in via immediata e riflessa nella relazione di coppia e quindi incide direttamente anche sul coniuge del danneggiato che si vede privato di un aspetto importante e caratterizzante il rapporto di coppia.

Gli Ermellini quindi pronunciano un nuovo principio di diritto : “ in tema di consenso informato, qualora risulti accertata, con riferimento alla sottoposizione di un coniuge ad un intervento, una situazione peggiorativa della salute incidente nella sfera sessuale, rientrante nel rischio dell’intervento, e peggiorativa della condizione del medesimo, sebbene non imputabile a cattiva esecuzione dello stesso, il coniuge che risente in via immediata e riflessa del danno, incidente nella sfera sessuale e relazionale della vita di coppia, collegato a detto peggioramento, ha diritto al risarcimento del danno, in quanto tale danno è conseguenza della condotta di violazione della regola del consenso informato in danno del coniuge, nei limiti di come è stato rilevato nei suoi confronti”.

Gli Ermellini con questa pronunzia ribadiscono, dunque, che la omissione di consenso informato costituisce fonte autonoma di risarcimento del danno a prescindere dall’esecuzione corretta, o meno, dell’intervento e introducono una nuova “prospettiva” del danno riflesso derivante dalla omissione di informativa sanitaria che investe anche il coniuge.

Avv. Emanuela Foligno

(Foro di Milano)

 

Leggi anche:

COMPLICANZE CHE ESCLUDONO LA RESPONSABILITÀ MEDICA: UN PASSO INDIETRO?

 

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui