Un malato di Sla lasciato in barella per 11 ore tra pianti e urla di dolore. È quanto denunciato dalla figlia dell’uomo che ora chiede risposte

Un malato di Sla lasciato in barella per 11 ore. Ha dell’incredibile la vicenda denunciata dalla figlia dell’uomo, portato al Santo Stefano di Prato e lasciato su una barella del pronto soccorso nonostante le urla e i pianti.
La donna, Chiara Gori, sconvolta per quanto accaduto al padre, malato di Sla lasciato in barella per 11 ore, ha deciso di scrivere una lettera aperta alla Regione Toscana.
La missiva era intestata al capogruppo FI Stefano Mugnai, all’assessore alla Salute Stefania Saccardi e al presidente della commissione Sanità Stefano Scaramelli.

“Mio padre – ha scritto la figlia – è affetto da questa malattia che nel corso di sette anni lo ha reso progressivamente prigioniero del proprio corpo, completamente non autosufficiente e costretto ad affidarsi alle cure e alle premure di chi lo circonda”.

Come precisa la figlia “un malato di Sla, purtroppo, pur avendo questa grave patologia, non è immune da tutte le altre malattie infettive più comuni. Pertanto può accadere che abbia bisogno di immediate cure per il sopraggiungere di una ‘banale’ bronco polmonite con pleurite, come nel caso specifico è successo a mio padre pochi giorni fa”.
Ed era infatti questa la ragione che ha causato il ricovero dell’uomo d’urgenza al pronto soccorso il 15 novembre scorso.
Ma ecco i fatti.

Alle 6 circa di mattina l’uomo è stato trasportato con l’ambulanza del 118 al pronto soccorso dell’ospedale Santo Stefano di Prato per un forte dolore toracico al lato sinistro, accompagnato da nausea.

“Una volta scongiurato prontamente che non si trattasse di un problema cardiaco – scrive la donna – mio padre è stato in attesa per 11 interminabili ore prima di ricevere cure appropriate per un’infezione polmonare. Le ore sono trascorse nei locali adiacenti al pronto soccorso, su una lettiga”.
Un’attesa che è trascorsa tra urla di dolore e pianti. La ragione? La mancanza di posti letto.
Ma ecco la risposta dell’ospedale, giunta da Simone Magazzini, direttore del pronto soccorso del Santo Stefano di Prato.
“A due ore dall’arrivo del paziente al pronto soccorso – dichiara – erano già arrivate tutte le risposte degli esami e anche la diagnosi con la richiesta di ricovero. La mancanza dei posti letto? Non è colpa mia. La domanda dovrebbe essere girata alla direzione dell’ospedale”.

Dopo aver ricevuto la lettera della donna, Stefano Mugnai, capogruppo FI ha definito “inaccettabile l’assenza di protocolli di accesso specifici”. 

E ha annunciato un’interrogazione “immediata” per ottenere i dettagli di quanto accaduto.
L’interrogazione deve chiarire, secondo l’intento del consigliere azzurro, la dinamica di quanto accaduto, già per lunedì mattina alla riapertura degli uffici.
“Quanto accaduto a questo signore e ai suoi familiari è inaccettabile sotto ogni profilo: umano, etico, politico, sanitario. Il racconto di questa figlia restituisce strazio e impotenza che purtroppo non rappresentano un caso isolato. Che l’ospedale di Prato sia nato sottodimensionato è ormai noto a tutti, e le promesse di ampliamento finora sono rimaste tali. Sospettiamo che sarà così a lungo, poiché la sanità regionale disegnata dalla riforma del 2015 non va nel senso dell’implementazione dell’offerta sanitaria: l’opposto”.
 
 
 
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