Una sentenza della Cassazione ha fornito chiarimenti sui rischi penali per il marito che perseguita la moglie in carriera con continui maltrattamenti

Cosa rischia il marito che perseguita la moglie in carriera, rendendole di fatto difficile anche lavorare?
A questa domanda ha risposto la Corte di Cassazione, VI sezione penale, con la sentenza n. 49997/2017.
Con questa sentenza, la Corte ha condannato per maltrattamenti il marito che perseguita la moglie in carriera, alla quale faceva subire vessazioni di ogni genere.
La donna veniva accusata di dedicarsi troppo al lavoro trascurando la famiglia.
Secondo la Cassazione, il marito che perseguita la moglie in carriera, vessandola psicologicamente, può effettivamente rischiare una condanna per maltrattamenti in famiglia.
Nel caso di specie, la condanna nei confronti di un uomo per il reato ex art. 572 c.p. (Maltrattamenti conto familiari o conviventi) è scattata dopo la denuncia della donna.

All’imputato era stato contestato di aver maltrattato la moglie, rendendole la vita impossibile, in vari modi. Percosse continue, minacce di morte e vessazioni di tipo psicologico.

Un complesso di atteggiamenti finalizzati all’umiliazione e allo svilimento, finalizzati a impedirle di lavorare.
La difesa dell’uomo, però, ha sostenuto che in 11 anni di convivenza gli episodi sarebbero stati pochi e per lo più soltanto litigi e piccoli diverbi.
Il marito ha inoltre sottolineato l’errata concezione della famiglia tutelata dalla norma penale sostenuta dalla Corte territoriale. A suo avviso, la moglie aveva scelto di anteporre la carriera alla famiglia, vivendo “da single” e senza legami. Per il marito, insomma, la donna si comportava come se non avesse alcun obbligo nei confronti della famiglia.
In Cassazione, pertanto, l’imputato ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata, anche perché secondo l’uomo la pronuncia si era fondata solo sulle dichiarazioni della persona offesa.

Tuttavia, gli Ermellini hanno ritenuto di condannare il marito che perseguita la moglie in carriera per maltrattamenti in famiglia.

Questo in quanto aveva effettuato la verifica della attendibilità intrinseca ed estrinseca delle dichiarazioni rese dalla persona offesa che, da sole, fondavano penalmente il comportamento dell’imputato..
Nel caso di specie, sono state infatti evidenziate condotte abituali addebitate al ricorrente.
Aggressioni, minacce, percosse e scatti d’ira: tutti comportamenti che si configuravano come maltrattamenti.
La sentenza, inoltre, ha dato atto di come la donna fosse stata costretta a rifugiarsi da parenti e vicini per sottrarsi al marito. Non solo. La vittima dei maltrattamenti era giunta a prendere in affitto un altro appartamento temendo di essere aggredita nel sonno.
La stessa Corte territoriale, inoltre, ha evidenziato come tali maltrattamenti avvenissero tra le mura domestiche, quindi in assenza di testimoni.
Un dato, questo, che rende più difficile per la vittima di violenza ribellarsi per paura di ritorsioni.
Inoltre, nel reato di maltrattamenti ex art. 572 c.p., l’oggetto giuridico non è costituito solo dall’interesse dello Stato alla salvaguardia della famiglia da comportamenti vessatori e violenti. Esso è costituito anche dalla difesa dell’incolumità fisica e psichica delle persone indicate nella norma.
Alla luce di tali considerazioni, conclude la Cassazione, il reato di maltrattamenti in famiglia per il marito che perseguita la moglie in carriera può dirsi configurato nel caso di specie.
 
 
 
Hai avuto un problema simile? Scrivi per una consulenza gratuita a redazione@responsabilecivile.it o scrivi un sms al numero WhatsApp 3927945623
 
 
 
 
Leggi anche:
MALTRATTAMENTI, PORTARE L’AMANTE NELLA CASA CONIUGALE INTEGRA IL REATO
MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA, IL REATO PERMANE SE L’IMPUTATO RISPOSA LA PERSONA OFFESA
 

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui