Sono 9 i sanitari rinviati a giudizio per la morte sospetta di un anziano deceduto nel 2005. Abbandono di persona incapace e maltrattamenti le accuse

La morte sospetta di un anziano è al centro del processo che partirà il 15 febbraio 2018 dinanzi alla Corte d’Assise di Catanzaro. Abbandono di persona incapace e maltrattamenti sono i reati che hanno portato al rinvio a giudizio di 9 sanitari per la morte di Alfonso Mosca. L’uomo era ospite della Rsa di Moderata Durant a Vibo Valentia ed è poi deceduto poi a Serrastretta, in provincia di Catanzaro, il 29 dicembre 2005.
Il gup del Tribunale di Vibo Valentia, Lorenzo Barracco, in accoglimento di una richiesta della Procura ha quindi rinviato a giudizio 9 indagati accusati della morte di Alfonso Mosca.
Al processo per la morte sospetta di un anziano dovranno comparire sul banco degli imputati: Giuseppe Iorfino, responsabile sanitario della struttura; Luciano Scarmato, caposala; gli infermieri professionali, in servizio nella Rsa, Rosa De Filippis, Patrizia Giordano; Salvatore Maiorana; Antonio Potenza; Francesco Scidà, di Vazzano, Maria Teresa Mandaradoni, Maria Concetta Macaluso, 45 anni.

Gli imputati erano già stati rinviati a giudizio nel gennaio del 2011 con le accuse, a vario titolo, di maltrattamenti, lesioni e omicidio colposo.

In seguito però, la Procura ha modificato i capi di imputazione, riformulando le accuse e contestando a vario titolo reati più gravi. Nello specifico, abbandono di persona incapace e maltrattamenti che hanno portato alla morte di una persona. Reato la cui competenza a celebrare il processo spetterà proprio alla Corte d’Assise.
Per la Procura, gli indagati avrebbero provocato la morte sospetta di un anziano con delle condotte non idonee.
Se ne ipotizza la responsabilità, ognuno per i rispettivi ruoli, nel concorso di cause che tra agosto e settembre 2005 ha determinato un peggioramento delle condizioni di salute di Alfonso Mosca.
La Procura – sulla base delle risultanze della consulenza svolta dal medico legale Massimiliano Cardamone e delle indagini dei militari dell’Arma del Nucleo investigativo – sostiene che non sarebbero stati forniti cibo e liquidi in modo adeguato ad Alfonso Mosca.
L’uomo infatti non era in grado di gestirsi autonomamente.

In particolare, ai 9 imputati viene mossa l’accusa di non essersi presi cura della sua persona e della sua igiene, “lasciandolo sporco nei suoi escrementi e non fornendogli quelle prestazioni necessarie ad impedire la formazione di piaghe da decubito”.

Accuse gravissime, che si aggiungono a quelle di percosse che l’anziano avrebbe subito, “redarguito e picchiato per farlo desistere dal lamentarsi e chiedere aiuto al fine di ottenere il soddisfacimento dei bisogni primari”.
Si parla addirittura di episodi di contenzione, nei quali l’anziano è stato legato al letto.
Così facendo, secondo il pubblico ministero, gli imputati “non impedivano e cagionavano uno stato di malnutrizione proteico-energetico, disidratazione e, conseguentemente, l’allettamento dell’anziano”.
Un quadro, quello dipinto dall’accusa, che appare molto grave nell’ambito di una vicenda sulla quale solo il processo potrà fare chiarezza.
Si apprende intanto che i parenti Alfonso Mosca -Mirella, Silvana ed Emilia Mosca, assistite dall’avvocato Nicolino Panedigrano – si sono dichiarati parti offese nel procedimento.
 
 
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