I Giudici di merito ritengono che la condotta colposa della stessa vittima avrebbe “agito sul piano causale, determinando il venir meno del nesso di relazione tra il fatto e l’evento dannoso”, e dunque nessun risarcimento è dovuto per la caduta dalla passerella di accesso alla spiaggia (Cassazione civile, sez. III, dep. 27/12/2023, n.3596).

I fatti

Viene citato a giudizio il Comune di Forio, onde vederne accertata la responsabilità per custodia di cui all’art. 2051 c.c., per la morte dell’utente provocata dalla passerella di legno per l’accesso alla spiaggia, posta in aderenza al muro perimetrale della sede stradale e sovrapposta all’arenile.

Il Tribunale di Napoli, Sezione di Ischia, e poi la Corte di Appello di Napoli e la Suprema Corte hanno rigettato la domanda di risarcimento. I familiari della vittima impugnano la decisione di secondo grado in Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione

Viene contestata, in sintesi, la circostanza che la condotta della vittima avrebbe determinato l’evento dannoso.

Secondo la tesi dei ricorrenti, in caso di responsabilità di cui all‘art. 2051 c.c., la mera condotta colposa del danneggiato non basterebbe ad escludere il nesso causale fra la cosa in custodia e il danno, quand’anche ritenuta oggettivamente causa esclusiva dell’evento dannoso; potrebbe, al più, ammettersi un concorso colposo nella causazione dell’evento, che giustificherebbe esclusivamente una riduzione del risarcimento, ai sensi dell’art. 1227 c.c., comma 1, ma non la sua radicale esclusione.

Tale ragionamento non è giuridicamente corretto.

La responsabilità per danni da cose in custodia

“In tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione – anche ufficiosa – dell’art. 1227 c.c., comma 1, richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost., sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa totalmente il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro”.

Tali principi di diritto sono stati ribaditi recentemente con numerose decisioni (Cass. 27724/2018; n. 9315/2019; n. 20312/2019; n. 17873/2020 sino ad arrivare alle recenti n. 14228/2023; n. 21675/2023).

La rilevanza causale, esclusiva o concorrente nella produzione del danno, della condotta del danneggiato, va intesa non nel senso della assoluta impossibilità di prevedere l’eventualità di una condotta imprudente, negligente o imperita della vittima (che è, ovviamente, sempre possibile), ma nel senso del rilievo delle sole condotte “oggettivamente” non prevedibili secondo la normale regolarità causale, nelle condizioni date, in quanto costituenti violazione dei doveri minimi di cautela la cui osservanza è normalmente prevedibile (oltre che esigibile) da parte della generalità dei consociati e la cui violazione, di conseguenza, è da considerarsi, sul piano puramente oggettivo della regolarità causale (non quindi, con riferimento al piano soggettivo del custode), non prevedibile né prevenibile.

La condotta colposa della vittima

La Suprema Corte ribadisce ancora una volta che la questione della soggettiva prevedibilità o meno della condotta colposa della vittima, in particolare da parte del custode, non entra nella struttura logica e giuridica della fattispecie del caso fortuito, la quale opera esclusivamente sul piano oggettivo e causale.

È corretta la decisione di appello che ha ritenuto: “nella specie, l’evento dannoso, costituito dalla caduta e dal successivo decesso della vittima, sia sul piano causale da ricondurre, in via esclusiva, alla condotta imprudente ed incauta dello stesso danneggiato“, precisando che “dirimente si rivela la circostanza di un accesso all’arenile della spiaggia Chiaia di Forio, alternativo e ben più sicuro rispetto a quello della passerella di legno, e l’età della vittima”.

Detto in altri termini, la vittima, decidendo di utilizzare la passerella per accedere alla spiaggia, ha posto in essere una condotta incauta che, per quanto in astratto prevedibile, integra gli estremi del caso fortuito. Questo perché “la esistenza di altro più sicuro accesso alla spiaggia, costituito da una gradinata di cemento, avrebbe dovuto indurlo, anche in ragione della avanzata età (78 anni), ad avvalersene”.

Il ricorso viene rigettato.

Avv. Emanuela Foligno

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