Peggioramento delle condizioni della vescica non risulta collegato ai trattamenti di infiltrazione, correttamente eseguiti e non palesano un obiettivo aggravamento (Tribunale di Perugia, sez. I, sentenza n. 1350/2020 del 2 dicembre 2020).

Peggioramento delle condizioni di vescica viene contestato dalla paziente che cita a giudizio l’Azienda Ospedaliera di Perugia onde vedere accertata la responsabilità dei Sanitari.

In particolare la paziente espone: di essere stata sottoposta il 15.12.2010 a un trattamento sanitario di infiltrazione di tossina botulinica per vescica iperattiva; di non avere mai goduto, dopo l’intervento, di alcun miglioramento e di essere anzi affetta da una grave difficoltà minzionale, dovuta a grave ritenzione urinaria che la obbligava a indossare l’assorbente a permanenza e al cateterismo manuale giornaliero, da ripetere almeno tre volte al giorno; che il trattamento praticatole in ospedale, all’epoca della somministrazione era ancora in fase di studio e ricerca e contemplava un’alta percentuale di negatività e complicanze; che il consenso informato era inadeguato a renderla edotta sulle caratteristiche dell’intervento.

Che, dunque, il peggioramento delle condizioni di vescica, sempre secondo la paziente, è da imputarsi alla imperizia/negligenza dei sanitari.

In giudizio, l’Azienda Ospedaliera deduce che la donna già nel 1997 era stata sottoposta a un intervento di plastica vaginale e che nel 2002 aveva effettuato un intervento per cistocele di III grado recidivo e che la diagnosi redatta dai Sanitari era corretta e corretto era stato il trattamento vescicale applicato, eseguito con perizia e professionalità e privo di complicanze impreviste.

Il Giudice osserva che la paziente lamenta di essere stata sottoposta ad un trattamento sanitario – ancora in fase di studio e ricerca al momento della somministrazione – che non le ha procurato alcun miglioramento, ed anzi di averne riportato peggioramento delle condizioni di vescica e di non essere stata pienamente edotta della diagnosi, del decorso della terapia, delle eventuali alternative terapeutiche.

La CTU ha accertato che “il trattamento di infiltrazione di tossina botulinica per vescica iperattiva – consistito nella infiltrazione intradetrusionale di 100 unità di tossina botulinica a livello della parete laterale destra e sinistra e retrotrigono, con catetere lasciato in sede – fu eseguito correttamente ed applicando un dosaggio indicato per la patologia riscontrata (vescica iperattiva idiopatica).”

Tuttavia, il CTU pur ritenendo corretta l’esecuzione del trattamento, rispondendo alle osservazioni avanzate dai consulenti di parte, quantifica nella percentuale del 25% il danno da ritenzione urinaria cronica con cateterismo saltuario comunque riportato dall’attrice.

La donna, prima del trattamento con tossina botulina, subiva tre interventi alla vescica, per tale ragione il Tribunale chiede al CTU di chiarire se la percentuale complessiva di danno biologico riscontrato (25%) sia da riferirsi anche alle patologie ed interventi pregressi, o sia riferita al danno iatrogeno differenziale, al fine di comprendere quale peggioramento delle condizioni di vescica iperattiva sia imputabile alla condotta dei sanitari che eseguirono il trattamento in data 15.12.10.

Il CTU replica “le problematiche da cui era affetta la paziente anche prima del trattamento sanitario oggetto di causa hanno provocato peggioramento delle condizioni di vescica, conseguenze comunque non imputabili al cattivo operato dei sanitari intervenuti”.  

Accertata, pertanto, l’assenza di responsabilità, il Tribunale ritiene fondata la violazione del diritto all’autodeterminazione collegata al consenso informato, avendo il CTU criticato l’inidoneità dello stesso poichè assolutamente generico.  

In conclusione, il Tribunale in parziale accoglimento della domanda, condanna l’Azienda Ospedaliera al pagamento della complessiva somma di euro 7.000,00, per l’inidoneità del consenso informato.

La redazione giuridica

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