Perde il cane dopo averlo sottoposto ad un intervento: una clinica veterinaria è stata condannata a risarcire il danno non patrimoniale.

La perdita dell’animale da affezione va risarcito. Lo stabilisce il Tribunale di Vicenza, con la sentenza n. 24/2017.
Secondo il Tribunale, la tutela dell’animale di affezione è un “diritto inviolabile” che si aggancia all’art. 2 della Costituzione in quanto, sempre più spesso, è considerato un “membro della famiglia”.
Così, la clinica veterinaria che perde il cane ricoverato è tenuta al risarcimento del danno non patrimoniale.

La vicenda

Una clinica veterinaria dopo aver operato un cane l’ha perso. Il cane infatti è uscito, dalla struttura, e non è mai più stato ritrovato, nonostante le approfondite ricerche e la denuncia di smarrimento.
Così, i proprietari dell’animale hanno chiesto alla clinica il risarcimento di tutti i danni patrimoniali, derivati dalla pubblicazione degli annunci di smarrimento, e quelli non patrimoniali.
La fuga e la presumibile morte del cane date le sue condizioni di salute erano responsabilità della clinica. Omessa sorveglianza e negligenza del personale avevano fatto sì che il cane uscisse dalla porta aperta mentre era in corso la pulizia della cuccia.

Clinica perde il cane, condannata a risarcire 3500 euro

Per il Tribunale sussiste l’inadempimento del contratto d’opera professionale con cui la clinica si era impegnata, non solo, allo svolgimento dell’intervento chirurgico, ma a porre in essere le successive cure post operatorie provvedendo alla custodia e alla sorveglianza dell’animale durante la degenza, apprestando tutte le misure e gli accorgimenti necessari a evitarne la fuga.
Oltre a risarcire il danno patrimoniale, però, la clinica deve risarcire anche quello non patrimoniale.
Il rapporto con gli animali domestici, si legge in sentenza, non può essere paragonato a quello con una cosa, trattandosi di una relazione con esseri viventi prevalentemente fonti di compagnia e, nella maggior parte dei casi, considerati dai loro padroni come “membri della famiglia”.
Non può, pertanto, essere condiviso nell’attuale e mutato contesto sociale, l’orientamento che considera privo di copertura costituzionale il rapporto d’affetto tra uomo e animale, non potendosi dubitare del fatto che in molte ipotesi in detto rapporto si inserisce una di quelle attività realizzatrici della persona che la Costituzione tutela all’articolo 2.
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