Una sentenza della Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti in merito alla personalizzazione del danno nelle micro-permanenti

Con una interessante pronuncia pubblicata poco prima dell’estate (la n. 755 del 08.05.2017 ), la Corte di Cassazione è intervenuta sul tema della applicabilità delle tabelle per la liquidazione dei danni micro-permanenti al settore della responsabilità professionale medica.
Come noto, le tabelle di legge sulle micro-permanenti codificate dall’art. 139 del decreto legislativo 209/2005 – e periodicamente aggiornate con decreto ministeriale – si applicano alla responsabilità civile automobilistica. Per le macro-lesioni (di entità superiore ai nove punti percentuali), invece, aspettiamo da anni della pubblicazione del fatidico regolamento attuativo con il quale il Governo dovrebbe introdurre, sul piano normativo, una matrice di calcolo unica e valida su tutto il territorio nazionale. Nell’attesa che questo avvenga, il legislatore ha avuto la bella pensata, nel 2012, di estendere l’applicazione delle tabelle di legge oltre che al ramo automobilistico anche a quello della malpractice medica e ciò è avvenuto con la cosiddetta “legge Balduzzi” (n. 189/12) successivamente confermata dalla legge 08.03.2017 n. 24 (cosiddetta “riforma Gelli”).
In buona sostanza, anche le lesioni arrecate da un errore sanitario debbono essere oggi liquidate in conformità alle tabelle di legge previste per la RC-auto. Si è trattato di uno dei tanti (e non certo dell’ultimo) cadeau elargiti dalla politica nazionale alla onnipotente lobby delle compagnie assicurative. Ma sorvoliamo e concentriamoci, invece, su uno degli interrogativi rimasti sul tappeto a seguito della riforma Balduzzi che può sintetizzarsi come segue: l’eventuale danno non patrimoniale di natura esistenziale subito dalla vittima di un caso di malasanità può essere “valorizzato” anche al di là dell’incremento ponderale tassativamente sancito dall’art. 139 del Nuovo Codice delle Assicurazioni in una percentuale pari al 20% (“un quinto” del danno complessivo, dice la norma)?
Nel caso di cui ci occupiamo, i giudici di legittimità si trovavano ad affrontare la vicenda di una madre di famiglia la quale si era sottoposta a un intervento estetico di mastoplastica e, all’esito dello stesso, aveva dovuto fare i conti con l’emersione di evidenti difetti connessi alla protesi installata al seno.
Gli ermellini hanno ritenuto che, nella fattispecie, vi fossero plurime incidenze sul piano esistenziale “considerando i risvolti conseguenti sull’attività ludico-sportiva-ricreativa e nei rapporti con il partner” nonostante l’esiguità del danno biologico stimato dal CTU in una percentuale pari al 5%.
Ebbene – per venire al nodo della questione – la Corte ha ritenuto non condivisibile la tesi secondo cui il decreto Balduzzi (estendendo l’applicazione delle tabelle relative ai micro-danni anche alla materia della RC-medica) abbia per ciò stesso “obbligato” i giudici a rispettare pedissequamente quel limite del 20% dettato dall’art. 139 al fine di un compiuto apprezzamento del danno biologico patito dalla vittima di un incidente. Come noto, la prefata norma contempla la possibilità di adeguare l’importo fisso e predeterminato del danno biologico (estrapolato dalle tabelle di legge) alla specifica situazione concreta del danneggiato. Tuttavia, tale aumento ponderale non copre quegli aspetti diversi e ulteriori (rispetto al danno biologico) che, pure, rientrano nell’alveo del danno non patrimoniale, come per l’appunto, i profili esistenziali della lesione.
La Corte di Cassazione così argomenta, in proposito, con riferimento alla cosiddetta “ personalizzazione del danno ” di cui all’art. 139: “Proprio perché è limitata a un 1/5 essa concerne esclusivamente il danno biologico in senso stretto, dovendo poi il giudice ulteriormente personalizzare il complessivo danno non patrimoniale in tutti i suoi aspetti”.
La corte richiama, a sostegno dei propri assunti, anche due precedenti quali una sentenza della Corte d’Appello di Torino del 05.10.09 e la pronuncia della Cassazione del 29.03.07, n. 7740.
A questo punto, sorge spontanea una domanda: per quale motivo il condivisibile ragionamento impiegato dagli Ermellini con riferimento all’ambito della malasanità non dovrebbe valere anche per il settore dell’Rc-auto?
 

Avv. Francesco Carraro

(Foro di Padova)

 
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