Il Segretario Andrea Stimamiglio fa il punto sulle problematiche legate alla prescrizione dematerializzata e chiede di ripagare lo sforzo anche economico fatto dalla categoria dei medici di famiglia

«Se la ricetta elettronica in Liguria c’è e copre il 70% delle prescrizioni di farmaci è merito dei medici di famiglia. Ora occorrerebbe rimborsare la categoria degli sforzi economici fatti».

Non usa mezzi termini il segretario della Fimmg ligure, Andrea Stimamiglio, per fare il punto sulla prescrizione elettronica a poche settimana dalla sua entrata in vigore definitiva. Esistono, infatti, ancora diverse problematiche, legate in primis all’adeguamento tecnologico,  che hanno richiesto un importante sforzo economico da parte dei medici di base per la messa a regime. Senza contare, che la dematerializzazione non è affatto totale, dal momento che in ogni caso di deve stampare un promemoria (e la ricetta rossa non è del tutto accantonata dal momento che ancora è obbligatoria nel caso di oppioidi, farmaci distribuiti per conto e/o con piano terapeutico e innovativi.

Stimamiglio, allora, illustra con precisione le criticità fin qui evidenziatesi, motivando così le ragioni del suo preciso appello: «Fin qui la Regione non ha sostenuto nessun costo se non in quanto sta dotando di chiavetta i medici delle zone sprovviste di linea Adsl. Ogni medico ha speso in questi mesi una cifra vicina ai 2 mila euro per adempiere ai nuovi obblighi: adeguamento del software; nuovo hardware (se non hai un pc veloce e in grado di supportare Windows 10 è dura); cambio del server; costi del toner e delle stampanti per ricetta rossa e nera, o stampante a due cassetti; manutenzione. Siamo in trattativa con l’Assessore alla Sanità per ottenere almeno un rimborso dello sforzo sostenuto. La regione peraltro ci aveva promesso che ci avrebbe pagato la connessione alla linea telefonica veloce, ma hanno fatto un bando di gara e le cose vanno a rilento».

Ecco allora che un rimborso «ripagherebbe anche del sacrificio che ogni tanto sosteniamo quando ci sono problemi di connessione: in quei tre casi l’anno, anziché la consueta mezz’ora al giorno, ci vuole un’ora e mezza per non bloccare tutto. Noi scriviamo 80-100 ricette al giorno, molte le ripetizioni per pazienti cronici: introduciamo le credenziali e la nostra richiesta di accesso per i dati immessi va prima nel sistema di accoglienza regionale e poi da questo al sistema del Ministero dell’Economia che verifica se il cittadino è iscritto al sistema Ts, se il codice fiscale coincide, se è tutto ok. Per questa risposta che quando va bene prende tre secondi di numero, all’ottavo secondo di “silenzio” il sistema ti chiede se vuoi rifare la procedura o in alternativa se vuoi stampare con la ricetta rossa; la procedura si dilata ai 40 minuti e ai tempi morti che inevitabilmente si manifestano quando si ripetono ex novo delle azioni».

Ma c’è anche un ulteriore problema, che Stimamiglio individua nel gap informatico tra territorio e ospedale: «Non tutti gli ospedali ma la maggioranza è informatizzata se va bene al 20%, ci sono casi in cui hanno provveduto pochi reparti e altri in cui è bassa la percentuale di ricette prodotte. Ma l’obbligo di legge c’è per tutti. La Regione farà bene a non usare due pesi e due misure».

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