Respinto il ricorso della moglie di un paziente che invocava la responsabilità dell’ospedale per la morte del marito, affetto da sofferenza neurologica nella notte antecedente la scomparsa

Con l’ordinanza n. 7910/2021 la Cassazione si è pronunciata sul ricorso della vedova-erede di un uomo che aveva convenuto in giudizio l’Azienda Ospedaliera in cui era deceduto il marito al fine di sentirne pronunciare la responsabilità e la condanna, a titolo di responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale, per omissione di comportamenti diagnostici e per aver determinato, a causa di detta omissione, il decesso del paziente, affetto da sofferenza neurologica nella notte antecedente alla tragica scomparsa.

La struttura si era costituita in giudizio rappresentando che il decesso dell’uomo era stata una conseguenza inevitabile della sua condizione morbosa ed era ascrivibile alla sua compromessa situazione di salute.

Il Tribunale, disposta una CTU medico-legale, aveva rigettato la domanda condannando l’attrice alle spese del giudizio ritenendo che gli accertamenti peritali non avessero evidenziato profili di responsabilità della struttura sanitaria e che, “in un quadro di costante monitoraggio del paziente, doveva considerarsi ragionevole la conclusione del CTU circa l’inerenza, della sofferenza neurologica antecedente l’exitus, alla fase finale della malattia del paziente”.

La Corte d’Appello, adita dalla soccombente con motivi tutti afferenti alla errata ricostruzione dei fatti e alla carenza di prova da parte dell’azienda ospedaliera della corretta esecuzione della prestazione, aveva integralmente rigettato l’appello ritenendo che il Giudice di prime cure avesse correttamente ricostruito le vicende valutando non solo gli esiti della CTU, !”peraltro lineari e scevri dalle critiche mosse dal CTP di parte, ma anche il quadro complessivo della compromessa situazione di salute” del paziente.

Quanto all’onere della prova incombente sulla struttura sanitaria circa il corretto adempimento della prestazione assistenziale e terapeutica, il Giudice lo aveva ritenuto pienamente assolto in ragione dei ripetuti accessi degli infermieri presso il paziente, nel corso della notte antecedente il decesso, e delle convincenti conclusioni del CTU circa la riconducibilità dello stato di agitazione del medesimo alla fase finale del diabete mellito di tipo II da cui l’uomo era da tempo afflitto e dell’aritmia improvvisa che ne aveva causato il decesso, non sussistendo elementi di urgenza tali da richiedere la rilevazione dei parametri vitali come sostenuto dal CTP di parte. L’aritmia , comparsa improvvisamente, non avrebbe consentito ai sanitari alcun intervento con ciò escludendo la configurabilità di condotte attribuibili alla loro colpa.

La Suprema Corte ha ritenuto di confermare la pronuncia dei Giudici del merito respingendo la doglianza della ricorrente, la quale deduceva la violazione delle regole sull’onere della prova in tema di responsabilità contrattuale, assumendo che, in base all’art. 1218 c.c., l’ente ospedaliero, per sottrarsi ad ogni responsabilità, avrebbe dovuto dimostrare di aver eseguito la prestazione medica con diligenza e tempestività e che il mancato o inesatto adempimento della prestazione fosse stato determinato da fatto a sé non imputabile.

Dal Palazzacci, infatti, hanno ritenuto il motivo palesemente inammissibile in quanto la censura non consisteva nell’erronea individuazione ed applicazione della norma regolatrice della materia ma nell’aver erroneamente ravvisato, nella situazione di fatto in concreto accertata, la ricorrenza degli elementi costitutivi di una determinata fattispecie, il che collocava la censura evidentemente nella tipica valutazione rimessa al giudice del merito. La ricorrente invocava, in sostanza, una diversa e più appagante ricostruzione degli elementi acquisiti in giudizio, ivi compresa la sua personale critica alla CTU, senza porsi minimamente nel solco della violazione e falsa applicazione dell’art. 1218 c.c.

La redazione giuridica

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