Sindrome coronarica acuta e omessi approfondimenti (Tribunale Catanzaro, sez. II, 23/02/2023, n.299).

Decesso del paziente per omesso approfondimento dei sintomi di dolore toracico tipici della sindrome coronarica acuta.

Viene dedotta la responsabilità dell’Azienda Sanitaria per il decesso del congiunto che accusava forte dolore toracico, alla spalla ed al braccio sinistro.

Nello specifico, viene contestato l’omesso approfondimento della natura del dolore toracico e dell’arto sinistro, tipici di una sindrome coronarica acuta, oltre agli elevati valori pressori, oltre all’errore terapeutico commesso in ragione del fatto che “la terapia adeguata alla circostanza e la corretta procedura da seguire (…) avrebbe di certo evitato il decesso”.

Espletata CTU medico-legale è stato accertato che “il paziente si presentava alla postazione del SUEM 118 in data 19/10/2013 alle ore 9,20, in quanto alle ore 8,00 dello stesso giorno aveva accusato dolore toracico, irradiato alla spalla e al braccio sx, che successivamente si attenuava, tanto da essere ‘in parte regredito’ al momento dell’arrivo alla postazione del 118. In tale sede veniva sottoposto alla rilevazione dei parametri vitali, risultati sostanzialmente ai limiti della norma, se si eccettua un modesto rialzo pressorio (180/90) e all’effettuazione di un elettrocardiogramma risultato normale. Il Sanitario di turno concordava quindi una strategia operativa successiva che prevedeva il ricorso ad un Pronto Soccorso Ospedaliero, qualora la sintomatologia algica, anche sotto forma di semplice dolenzia, si fosse ripresentata, permettendo il rientro a casa del paziente; quivi giunto, il dolore si ripresentava in forma drammatica, per cui veniva chiamato il 118 che gestiva correttamente l’urgenza effettuando gli adempimenti rianimatori e nel contempo trasferendo il paziente all’Ospedale, dove però giungeva cadavere”.

……….”tutte le linee guida sulla gestione del dolore toracico prevedono che, in presenza di una tale condizione, specie se la sintomatologia dolorosa è tipica per SCA ossia: Sindrome Coronarica Acuta: n.d.r., debba essere avviato un percorso di osservazione del paziente che permetta l’effettuazione di esami diagnostici di secondo livello, primo tra tutti il dosaggio dei marcatori bioumorali di necrosi (troponine) che confermino, o meno, una situazione di necrosi del muscolo cardiaco” …….. “la somministrazione per via intra muscolare di una fiala di diuretico (lasix) effettuata nel corso dell’intervento può essere invece ampiamente giustificata e condivisa, essendo stata somministrata per correggere il rialzo pressorio, non potendo avuto avere impatto negativo sull’assetto emodinamico del paziente in senso peggiorativo di una condizione ischemica, dal momento che ciò si può avere con dosi decisamente più elevate dei 25 mg di principio attivo contenuto in una fiala e, sicuramente, quando la somministrazione avviene per via endovenosa”…”appare inoltre congruo, pur se inefficace, il trattamento rianimatorio prestato nel secondo intervento del 118, conclusosi con il decesso del ‘de cuius’ nel mentre veniva trasportato in Pronto soccorso” …………… anche se il contributo diagnostico dell’esame autoptico effettuato dal CTU nell’ambito del processo penale intentato contro il Sanitario del 118 non è in alcun modo significativo per essere stato condotto con estrema superficialità ed approssimazione, mancando i presupposti anatomo-morfologici della diagnosi di infarto (assenza del dato obiettivo delle condizioni anatomiche del circolo coronarico e della presenza di necrosi del muscolo cardiaco ad un esame istologico che non è stato effettuato), l’analisi ex post del caso permette di ritenere più che verosimile l’ipotesi che sia deceduto per insufficienza cardio respiratoria da edema polmonare conseguente ad infarto del miocardio”….

Il Tribunale ritiene che non siano interamente condivisibili le conclusioni cui sono giunti i CTU, laddove affermano che “è censurabile, quindi da considerare colposa, la scelta operata in occasione del primo intervento il quale non avrebbe ‘dovuto tenere un comportamento permissivo di ‘contrattazione’ nella strategia da seguire consentendo il rientro al domicilio, bensì si sarebbe dovuto procedere all’immediato avvio in PS e, qualora il paziente avesse rifiutato, se ne sarebbe dovuto segnalare il chiaro dissenso”.

I CTU sembrano, da un lato, individuare la responsabilità del medico convenuto nel fatto che quest’ultimo avrebbe consentito il rientro a casa del paziente senza fare firmare, tuttavia, allo stesso il documento di uscita dal PS ‘contro il parere dei sanitari’ e, dall’altro, sembrano affermare la sussistenza del nesso causale fra tale omissione ed il decesso, seppur sotto il profilo della perdita di chance di sopravvivenza. Tuttavia, le loro conclusioni non risultano supportate dai dovuti riferimenti specifici alle raccomandazioni, e/o buone pratiche cliniche, richiamate genericamente nel testo della relazione, con il corollario che l’assunto secondo il quale la responsabilità del medico convenuto casualmente connessa alla perdita di chance sarebbe da ravvisare proprio “nella mancata sottoscrizione da parte del paziente del modulo di uscita dal pronto soccorso ‘contro il parere dei sanitari’” non risulta idoneamente motivato, neppure secondo il principio del più probabile che non.

Oltre a ciò, dalle prove testimoniali è emerso che il Sanitario informava sia il paziente, che la moglie dello stesso, dell’importanza dei sintomi da quest’ultimo manifestati e dei correlati rischi ………”il Medico la informava che suo marito aveva la pressione alta e che bisognava fare degli esami ulteriori e che poteva causare gravi danni”……. “’il dottore riferiva al paziente che c’erano i presupposti per portarlo in ospedale ma il paziente si rifiutava dicendo di essere contrario……”

In definitiva, ritiene il Tribunale, alla luce del compendio probatorio, che non è possibile affermare, come invece ritenuto dai Consulenti, che il mancato immediato ricovero non dipese da inadempimento del Sanitario ma solo da scelta consapevole del paziente. Inoltre, non risulta provato il nesso causale tra il decesso, o perdita di chance di sopravvivenza,  e la prestazione terapeutica resa dal Medico convenuto in quanto, come affermato dagli stessi CTU, “non si può affermare con certezza quale sia stata la causa del decesso, non essendo stata appurata nel corso dell’autopsia effettuata”.

La domanda risarcitoria viene respinta.

Avv. Emanuela Foligno

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