Il percorso di formazione e maturazione dei vari aspetti della personalità dei ragazzi non può fondarsi su una didattica della competenza digitale.

Tutte le preoccupazioni della ministra Fedeli, del pool di esperti consenzienti scelti dal MIUR e le ossessioni di esponenti politici tese a generare attraverso la competenza tecnologica e digitale qualità personali come la capacità critica, la responsabilità e la consapevolezza e l’autonomia, sarebbero placate e forse anche risolte, se a tali prioritari obiettivi si giungesse considerandoli come l’esito finale di un percorso maturato e compartecipato dalle famiglie, da ragazzi e adolescenti, da tutti gli appartenenti al mondo della scuola.

Non attribuendo fideisticamente potere taumaturgico ai mezzi di comunicazione di massa, apologeticamente collocati nell’olimpo delle soluzioni ideali ai problemi dei vissuti personali  ed interpersonali, perseguibili attraverso l’evoluzione senza fine dei mezzi tecnologici e digitali, divenuti un bisogno supremo prioritario, che con la cultura, con l’educazione e con la formazione di base non hanno nulla a che spartire. Che l’assolutizzazione di questi mezzi non serve a trasmettere contenuti educativi e didattici, adatti a sviluppare le basi su cui costruire un percorso di formazione e di maturazione dei vari aspetti della personalità dei bambini, ragazzi e adolescenti. Così da metterli nella condizione  di perfezionare prima la loro educazione personale e le relazioni interpersonali e poi le competenze accessorie di tipo informatico, tecnologico e digitale, purtroppo già bene e anche troppo sviluppate fin dalla primissima infanzia.

Come purtroppo è testimoniato dall’uso smodato e sempre più precoce dei tablet ai neonati, sovente con l’intento da parte dei genitori di tenerli occupati, prima ancora che abbiano fatto l’esperienza del linguaggio, minando così una fisiologica e naturale modalità di rapportarsi con se stessi e con il mondo esterno, rischiando inoltre di sviluppare problemi cognitivi. In nome dell’innovazione non è possibile concepire la trasmutazione dei principi e dei valori sottostanti alla conoscenza del sapere condiviso e alla trasmissione interattiva e dialogante delle conoscenze didattiche, attribuendo ai “mezzi”: smartphone, tablets…  un ruolo e una funzione onnipotente e accentratrice, tale da farli diventare “fini” della didattica e fautori dello sviluppo della capacità critica, dell’autonomia, della consapevolezza e dell’uso responsabile in capo ad essi ed alle loro emanazioni, in contraddizione con le stesse intenzioni espresse proprio dalla ministra nelle premesse e al punto 5 del decalogo (Uso del cellulare: come cambia la didattica nella scuola delle emergenze).

Un decalogo che meriterebbe di essere letto e analizzato, non tanto dal pool di esperti scelti dal MIUR, per avvalorare decisioni ideologiche dettate da esigenze diverse dagli effettivi  bisogni di risoluzione delle emergenze educative e formative, ancora in attesa di risoluzioni concrete e sostenibili.

Dott.ssa Mara Massai

Sociologa, Dottore di ricerca in Criminologia, esperta in Tecniche Investigative in Criminologia e Vittimologia

 

Domani un nuovo intervento della dott.ssa Massai sulla nuova civiltà del futuro

 

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