La sola relazione di servizio redatta dagli agenti verbalizzanti non è sufficiente a provare l’illecito amministrativo di atti osceni

La relazione di servizio non è, infatti, espressione di una funzione pubblica certificativa e, pertanto, costituisce semplice documento suscettibile di essere liberamente valutato dal giudice come elemento di prova“.

La vicenda

Con ricorso depositato dinanzi al Tribunale di Bergamo la ricorrente aveva proposto opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione con cui le era stata comminata la sanzione amministrativa di 5.000 euro in relazione alla violazione dell’art. 527 c.p. (“Atti osceni”).

La donna aveva rilevato che – contrariamente a quanto indicato nel rapporto redatto dal comandante delle forze dell’ordine – nell’occasione dell’accertamento compiuto dagli agenti verbalizzanti ella “si trovava all’interno del proprio giardino in maglietta e pantaloncino corto in quanto stava prendendo il sole, avendone necessità per contrastare una patologia di cui soffriva traendo beneficio dall’esposizione ai raggi solari”. La ricorrente aveva altresì contestato la riconducibilità della condotta contestatale al disposto normativo dell’art. 527 c.p., potendo al più essere integrata la condotta dell’art. 726 c.p. (“Atti contrari alla pubblica decenza”), ed ha in ogni caso aveva negato di aver agito con dolo.

Il Tribunale di Bergamo (Sezione Quarta, sentenza del 12/11/2019, n. 3225) ha ritenuto fondata l’opposizione promossa dalla ricorrente.

Nella relazione di servizio prodotta da entrambe le parti si leggeva che il maresciallo unitamente ad un carabiniere si erano recati presso l’abitazione della opponente la quale “compariva all’uscio della porta d’ingresso con indosso soltanto una maglietta che faceva vedere chiaramente le parti intime (zona pubica)” e per conferire con gli agenti “attraversava il giardino e varcava il cancellino d’ingresso fermandosi sul marciapiedi e non curandosi dei passanti”. In argomento le Sezioni Unite della Cassazione hanno precisato che costituiscono atti pubblici, a norma dell’art. 2699 c.c., soltanto gli atti che i pubblici ufficiali formano nell’esercizio di pubbliche funzioni certificative delle quali siano investiti dalla legge. Esulano invece dalla previsione della norma indicata gli atti dei pubblici ufficiali che non siano espressione di tali funzioni certificative (cfr. Cass., Sez. Un., 9 aprile 1999, n. 215).

La relazione di servizio

“La relazione di servizio non è espressione di una funzione pubblica certificativa e, conseguentemente, costituisce semplice documento suscettibile di essere liberamente valutato dal giudice come elemento di prova. In particolare, le relazioni di servizio fanno fede fino a querela di falso relativamente alle sole circostanze certificate dai Carabinieri in relazione all’attività da loro direttamente svolta (data di redazione dell’atto, nominativi degli ufficiali verbalizzanti, ecc.), ma non anche per il contenuto informativo di quanto appreso o constatato in tali occasioni” (Cass., 28 luglio 2017, n. 18757).

Ne consegue che le circostanze fattuali indicate nella relazione di servizio non costituiscono oggetto di specifica attività certificatoria riservata dalla legge alle forze dell’ordine (diversamente da come accade per i verbali di constatazione della violazione delle norme del Codice della strada).

Per queste ragioni, non potendosi attribuire alla relazione di servizio una fede privilegiata, il fatto contestato alla ricorrente non poteva ritenersi incontestato.

Ma non è tutto. Il Tribunale di Bergamo ha altresì chiarito che “l’onere di provare tutti gli elementi oggettivi e soggettivi dell’illecito amministrativo sanzionato con l’ordinanza ingiunzione opposta grava sull’autorità che ha emesso il provvedimento impugnato” (cfr. Cass., 10 agosto 2007, n. 17615).

Nel caso in esame, l’unico elemento di prova era proprio rappresentato dalla relazione di servizio degli agenti verbalizzanti, poiché nel corso del giudizio l’amministrazione non aveva prodotto alcun ulteriore elemento né aveva chiesto di provare il fatto attribuito alla ricorrente.

Per queste ragioni il tribunale lombardo ha ritenuto che l’amministrazione non avesse adeguatamente provato la condotta, e dunque l’elemento oggettivo dell’illecito contestato.

La redazione giuridica

Leggi anche:

VERBALE DI ACCERTAMENTO, L’OPPOSIZIONE DEVE ESSERE TEMPESTIVA

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui