Danno biologico terminale per il lavoratore (Cass. civ., sez. lav., 28 novembre 2022, n. 34987).

Danno biologico terminale per il lavoratore: non sussiste se il decesso interviene poche ore dopo l’incidente.

La vicenda trae origine da un grave infortunio sul lavoro che causava il decesso del lavoratore e azionava il relativo per ottenere il ristoro dei danni patiti dai congiunti e dagli ascendenti.

I Giudici di merito escludevano dal risarcimento la voce del danno biologico terminale a causa del breve lasso temporale tra l’evento e il decesso.

La seconda decisione di merito viene impugnata per Cassazione per essere stato violato il principio dell’integrale ristoro dei danni predicato dall’art. 2059 c.c.

In particolare, la Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di primo grado,  previa compensazione con la somma di Euro 565.407,56 corrisposta dall’Inail in favore di moglie e figlia del lavoratore deceduto, ha condannato gli appellanti al pagamento, a titolo di danno morale: in favore della prima, della somma di Euro 150.000,00 in proprio e di Euro 25.000,00, in qualità di genitrice esercente la potestà sulla figlia; in favore degli ascendenti della somma di Euro 25.000,00 ciascuno.  

La Corte rigettava le altre domande, compresa quella del danno biologico terminale patito dalla vittima e condannava i congiunti del defunto alla rifusione delle spese di primo grado in favore della società convenuta.

Il lavoratore veniva schiacciato contro un muro da una macchina escavatrice in retromarcia mentre stava sistemando un’aiuola e dopo alcune ore decedeva.

Proprio sul breve lasso temporale intercorso tra l’infortunio e il decesso i Giudici di Appello, riformando la sentenza di primo grado, non riconoscevano la sussistenza di un danno biologico terminale sulla scia del principio secondo cui il danno terminale è da ritenersi integrato solo nei casi in cui la vittima sopravviva per un lasso di tempo “apprezzabile”.

La Suprema Corte dà seguito al suddetto principio di diritto, ormai del tutto consolidato, e rileva che non vi è stata alcuna violazione dei principi deputati all’integrale risarcimento.

Sul “lasso di tempo apprezzabile” giurisprudenza di merito e di legittimità degli ultimi anni, dopo alcune decisioni controtendenza che riconoscevano il danno biologico terminale a prescindere dalla morte immediata, oppure no, a seconda dello stato di coscienza della vittima.

Superato tale ostacolo, la giurisprudenza si è concentrata sul tempo intercorrente tra l’evento e il decesso considerando che solo il trascorrere del tempo facesse maturare nella vittima la consapevolezza della sua imminente fine.

Ragionando in tal senso, dopo numerose decisioni altalenanti, è considerato un periodo sufficiente a fare maturare la consapevolezza della imminente morte quello che supera le 7-8 ore dall’evento.

Confermato, pertanto, l’orientamento attuale sul ristoro del danno biologico terminale.

Avv. Emanuela Foligno

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