La Suprema Corte si è occupata, nella interessante pronunzia N. 17971/2015, dell’assegnazione della casa familiare in caso di convivenza more uxorio.

Al riguardo gli Ermellini hanno statuito che la casa familiare possa essere legittimamente assegnata al convivente in presenza di figli nati in seno alla relazione affettiva.

E’ stato chiarito che nel caso di cessazione della convivenza di fatto, il genitore collocatario dei figli che sia assegnatario della casa familiare, esercita sul predetto immobile un vero e proprio diritto di godimento del tutto assimilabile al diritto di godimento del comodatario.

Tale diritto è opponibile dinnanzi a eventuali terzi acquirenti dell’immobile che siano a conoscenza della pregressa convivenza.

Nella pronunzia oggetto di esame viene ribadito che il convivente more uxorio, non proprietario dell’immobile, riveste comunque la qualità di detentore qualificato. Il suo diritto è parificabile a un diritto personale di godimento sul predetto bene, quale quello del comodatario.

E’, dunque, corretto ritenere che il convivente more uxorio goda delle norme di cui agli artt. 1803 e ss. c.c. tant’è che gli Ermellini richiamano il consolidato orientamento sul punto il quale afferma che la convivenza è da intendersi come una formazione sociale che sfocia in un consorzio familiare e determina sulla casa familiare, ove si svolge la vita comune della coppia, un potere di fatto che ha fondamento nell’interesse proprio del convivente, che differisce nettamente da mere ragioni di ospitalità, e si estrinseca in una detenzione qualificata.

A corollario di tale condivisibile interpretazione il convivente non proprietario è protetto da eventuali estromissioni poste in essere dal proprietario attraverso l’esperimento delle azioni possessorie.

 

Avv. Emanuela Foligno

(foro di Milano)

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