Oggetto di restituzione è soltanto la somma di denaro entrata effettivamente nella sfera patrimoniale del pensionato e resta esclusa la quota di trattenute fiscali (Corte d’Appello di Roma, III Sez. Lavoro, Sentenza n. 2665/2021 del 03/08/2021 RG n. 1283/2017)

Il beneficiario, con l’originario ricorso ai sensi dell’art. 442 cpc, premesso di essere titolare di assegno ordinario di invalidità cat. IO, nonché della rendita da infortunio sul lavoro, incompatibile con il predetto trattamento, esponeva che con nota del 7 agosto 2012 l’INPS gli aveva comunicato l’esistenza di un indebito pari ad euro 21.636,43, derivante dal pagamento dell’assegno IO per gli anni dal 2010 al 2012, e che, con successiva nota del 2 novembre 2015, gli aveva comunicato la sussistenza di un indebito pari a EUR 1.478,06, derivante dal pagamento dell’assegno IO per gli anni dal 2013 al 2 015.

Lamentava, sostanzialmente, che erroneamente l’INPS gli aveva chiesto di restituire le predette somme al lordo delle trattenute fiscali, perché dette trattenute fiscali non gli erano state versate, ma l’Istituto le aveva pagate all’Erario. Pertanto, dalla somma chiesta in restituzione doveva essere sottratto il complessivo importo di euro 6.114,48 , corrispondente alla quota delle trattenute fiscali.

Il Tribunale respingeva le domande per le seguenti ragioni:

– l’eccezione di decadenza sollevata dall’INPS è fondata con riguardo al primo provvedimento di accertamento dell’indebito, per essere trascorsi più di tre anni tra la comunicazione e l’azione giudiziaria;

– inoltre, l’INPS ha evidenziato che il predetto indebito è stato compensato con un controcredito del beneficiario;

– con riguardo al secondo provvedimento di accertamento dell’indebito, l’insussistenza del titolo di pagamento delle somme chieste in restituzione dall’INPS scaturisce dall’aver il pensionato prodotto nel periodo gennaio 2013 – novembre 2015 redditi superiori al limite di legge. Questo fatto è stato accertato sulla base delle dichiarazioni reddituali prodotte dal beneficiario;

– il ricorrente non ha né contestato questo fatto né ha dimostrato il contrario, con conseguente ripetibilità del predetto indebito;

– l’INPS deve procedere a recuperare i ratei pagati indebitamente al lordo delle trattenute fiscali, perché anche queste trattenute sono riferibili, sotto il profilo giuridico, al pensionato;

– l’INPS ha peraltro dedotto che avrebbe evidenziato nel CUD la quota delle trattenute fiscali in questione, in modo da consentire al pensionato di avvalersi di questi dati al momento del pagamento da parte sua dei tributi all ‘Agenzia delle Entrate.

Il pensionato propone ricorso di appello ai sensi dell’art. 434 cpc e deduceva che, anche alla stregua dell ‘art. 64 del D.P.R. n. 600/1973, il debitore è obbligato a restituire i pagamenti eseguiti senza titolo al netto delle ritenute fiscali operate dal solvens quale sostituto d’imposta.

Preliminarmente, osserva la Corte romana che l’appellante, soccombente sul punto, non ha impugnato con la dovuta specificità (art. 434 cpc) la statuizione del Tribunale, secondo cui l’azione giudiziaria concernente l’indebito di cui alla nota del 7 agosto 2012 ( avente ad oggetto la somma complessiva di euro 21.636,43, pagata dall’INPS in relazione al periodo 2010 – 2012) è preclusa, in quanto tardivamente introdotta oltre il termine triennale di decadenza.

Su tale statuizione, quindi, si è formato il giudicato interno con conseguente preclusione di esame dei motivi di appello, formulati dal l’appellante con esclusivo riferimento al merito della questione.

Egualmente, l’appellante, non ha impugnato in modo specifico la statuizione del Tribunale, secondo cui il pagamento della somma complessiva di euro 1.478,06 per ratei della prestazione IO in relazione al periodo 2013 – 2015, oggetto della nota dell’INPS del 2 novembre 2015, era avvenuto senza causa ed è pertanto indebito a i sensi di legge. Anche su tale punto si è formato il giudicato interno, che osta a qualsiasi indagine, da parte della Corte, sul merito di detta questione.

Riguardo, invece, la ripetibilità del predetto pagamento indebito al lordo oppure al netto delle trattenute di legge, la Corte osserva che l’art. 2033 cc è univoco nel prevedere che il solvens possa recuperare quanto “pagato” senza titolo all’accipiens, deve ritenersi che oggetto di restituzione sia soltanto la somma di denaro entrata effettivamente nella sfera patrimoniale dell’odierno appellante, restando esclusa la quota di ritenute fiscali, che, pur se inerente il medesimo pagamento, è solo di sua giuridica pertinenza ed è stata versata all’Erario dall’INPS, quale sostituto d’imposta.

Difatti, il sostituto d’imposta provvede a dar corso all’obbligazione del sostituito nei confronti dell ‘amministrazione finanziaria in adempimento di un proprio preciso obbligo di legge (art. 64 D.P.R. n. 600/1973) e non in esecuzione di un mandato negoziale, o come gestione di affari altrui, svolgendo in sostanza funzioni di esattore dell’amministrazione finanziaria e versando direttamente a quest’ultima gli acconti d’imposta per conto del contribuente sostituito.

Conseguentemente l’accipiens di tale pagamento è l’amministrazione finanziaria e, non a caso, l’art. 38 del TUIR attribuisce il diritto alla ripetizione delle quote fiscali indebite in prima battuta al sostituto d ‘imposta che le ha versate -in evidente piena consonanza con la previsione dell ‘art. 2033 cc – e, solo in seconda battuta , al sostituito d’imposta , con speciale previsione che valorizza al fine la sua posizione soggettiva di effettivo debitore della prestazione fiscale.

Inoltre, l’art. 38 del TU non disciplina i rapporti interni tra il sostituto d’imposta e il contribuente sostituito, ciò significa che non può fondare ex se l’azione del primo di recuperare nei confronti del secondo, sic et simpliciter, la quota di ritenute fiscali versate indebitamente all’Erario .

Non coglie nel segno quanto argomentato dall’INPS, secondo cui l’art. 1, co. 174 della L. n. 147/2013 abbia previsto che il contribuente, il quale abbia restituito al sostituto d ‘imposta somme indebite relative a precedenti annualità fiscali, possa dedurre dette somme dal reddito dei periodi d ‘imposta successivi ovvero chiedere al Fisco il rimborso dell ‘imposta corrispondente alle somme non dedotte.

Infatti, questa norma non fonda il diritto del sostituto d’imposta di recuperare ex art. 2033 cc dal contribuente sostituito anche le somme a costui non pagate direttamente, ma disciplina esclusivamente le iniziative che il contribuente può adottare per compensare i propri debiti con l’Erario con quanto, se del caso, già recuperato a suo carico dal sostituto d’imposta.

Ciò è del tutto allineato ai principi di diritto affermati da altre un decennio dalla Suprema Corte:

– Cass. n. 7871/2011, che qualifica l’indebito oggettivo come un’azione restitutoria che insorge in via esclusiva tra il solvens e il destinatario del pagamento privo della causa adquirendi e che è esperibile solo nei confronti di quest’ultimo. Nel caso di specie l’INPS ha eseguito il pagamento indebito all’Erario in ragione della sua posizione di legge e pertanto può agire in restituzione soltanto nei confronti di detto accipiens ;

– Cass. n. 21464/2012, che, pur se resa in relazione ad una fattispecie di ripetizione di somme imputate senza causa a retribuzione, è ben applicabile alla presente controversia, giacché risolve l ‘identica questione della richiedibilità all’accipiens anche della quota di ritenute fiscali in relazione alle quali il solvens è sostituto d ‘imposta (negli stessi termini v. Cass . n. 18674/2014, n. 1464/2012, n. 239/2006, n. 2844/2002);

– Cass. n. 2135/2018, che ha ribadito sia il principio della ripetibilità al netto delle somme pagate a titolo retributivo sia il principio secondo cui “In tema di rimborso delle imposte sui redditi, ai sensi dell ‘art. 38 DPR n. 602/1973, sono legittimati a richiedere alla Amministrazione finanziaria il rimborso delle somme non dovute e ad impugnare l’eventuale rifiuto dinanzi al Giudice tributario sia il soggetto che ha effettuato il versamento (cd. “sostituto di imposta”) sia il percipiente delle somme assoggettate a ritenuta (cd. “sostituito”)”. In termini, v. anche Cass. n. 517/2019 ;

– Cass. n. 19735/2018, che ha affermato il principio della ripetibilità al netto anche delle somme pagate a seguito di sentenza poi riformata;

– Consiglio di Stato n. 1852/2019, che ha condiviso il principio in questione in relazione a una fattispecie di ripetibilità al netto di somme pagate a titolo di pensione in adempimento di sentenza.

Conclusivamente l’appellante deve restituire all’INPS soltanto l’importo netto corrispondente al lordo di euro 1.478,06, ovverosia euro 1.138,00.

L’esito del giudizio di appello e quello complessivo della lite, connotato da reciproca soccombenza delle parti, viene ritenuto motivo ex art. 92 cpc per la compensazione integrale delle spese del doppio grado di giudizio.

Avv. Emanuela Foligno

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