Annullata la condanna di un uomo accusato del reato di maltrattamento di animali per l’impiego di un collare elettronico acceso e funzionante

Era stato condannato per il reato di maltrattamento di animali ai sensi dell’art. 727 del codice penale. L’uomo era stato ritenuto colpevole di avere tenuto legati al collo due cani attraverso l’utilizzo di un collare elettronico acceso e funzionante, costringendoli a “sofferenze incompatibili con la loro natura”.

Il padrone dei due animali aveva quindi presentato ricorso davanti alla Suprema Corte di Cassazione. A suo avviso non era stata raggiunta nessuna prova circa i maltrattamenti subiti dai due animali. Non sarebbero infatti state accertate le concrete modalità di utilizzo del collare.

Secondo il ricorrente,  ai fini dell’integrazione del reato previsto dall’art. 727 c.p., è necessario che “siano state effettivamente cagionate gravi sofferenze agli animali”. Non sarebbe invece sufficiente che le sofferenze stesse siano solamente presunte.

L’impiego del collare elettronico – precisava l’imputato – non produrrebbe necessariamente sofferenze. Inoltre, un utilizzo “conforme alle finalità per cui viene posto in commercio ed alle prescrizioni tecniche del produttore” escluderebbe un’ ipotesi di maltrattamento penalmente rilevante.

I Giudici di Piazza Cavour, con la sentenza n. 30155/2017, hanno ritenuto effettivamente fondate le argomentazioni proposte dal ricorrente, annullando con rinvio la sentenza impugnata.

Per gli Ermellini, il reato di “maltrattamento di animali” si configura solo quando gli animali vengono detenuti “con modalità tali da arrecare gravi sofferenze, incompatibili con la loro natura, avuto riguardo, per le specie più note (quali, ad esempio, gli animali domestici), al patrimonio di comune esperienza e conoscenza e, per le altre, alle acquisizioni delle scienze naturali”.

Nel caso esaminato, la sentenza impugnata non aveva adeguatamente motivato circa la sussistenza di tali elementi. Infatti,  non era stata evidenziata  una condizione di detenzione dei cani contraria alla loro natura. Così come non erano emerse le conseguenze in concreto patite dai due animali per effetto del collare elettronico indossato.

Il solo fatto che il collare fosse stato acceso e funzionante non consentiva di presumere che lo stesso potesse aver causato le conseguenze indicate dall’art. 727 c.p. Il Tribunale, infatti, non aveva appurato la qualità, la portata e l’intensità delle scariche elettriche azionate dal telecomando il possesso dell’imputato.

 

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