La prima volta che i casi di compravendita di pazienti vennero denunciati fu 26 anni a Padova. Ma il fenomeno, ad oggi, non accenna a diminuire

Ventisei anni fa, per la prima volta, l’Ordine dei Medici di Padova denunciava un fenomeno inquietante e, ancora oggi, molto diffuso: la compravendita di pazienti.

Una autentica piaga che rischiava di lasciare fuori dal mercato del lavoro quei medici che avevano pochi soldi per subentrare ai colleghi più anziani.

Ma come si svolge la compravendita di pazienti?

Ebbene, al momento di comunicare all’assistito che va in pensione, il medico di base ha già scelto il sostituto e glielo presenta. I medici pensionandi spesso diversi vari mesi prima andrebbero alla ricerca di giovani dottori da “suggerire”.

Ovviamente, subentrare al medico pensionando ha un costo. E anche piuttosto elevato.

Un tempo, subentrare costava da 70 a 200 milioni a seconda del numero di scelte, cioè fra 35 e 100 mila euro attuali. Oggi l’importo si sarebbe consolidato sui 60-70 mila euro.

A far tornare alla ribalta il tema è stato un servizio delle “Iene”.

Salvatore Caiazza, già segretario Fimmg Giovani Campania e osservatore del fenomeno della compravendita di pazienti, spiega così il fenomeno.

“In genere, l’annuncio in una rivista per un subentro sottende una situazione in cui il pensionamento non è imminente, arriva tra 1-2 anni, ed è rivolto a giovani colleghi con tutti i numeri per occupare una zona carente, e che a volte hanno già aperto uno studio ma hanno pochi pazienti”.

E dopo, che succede?

“Il medico pensionando chiede al collega di spostarsi nel suo studio, magari mezza giornata, e nei mesi i pazienti si abituano, – prosegue Caiazza – È più facile che lo spostamento avvenga nello stesso distretto.”.

Spesso e volentieri il giovane dottore paga l’affitto, a prezzi di mercato o superiori così che la maggiorazione copra la richiesta del medico anziano.

In altri casi anche il “nero” è molto diffuso.

C’è però anche un altro sistema, come illustrato da Maurizio Benato, presidente Omceo Padova ai tempi delle prime denunce.

Vale a dire che spesso, il medico pensionato continua ad assistere i propri pazienti, o una parte, usando il ricettario “rosso” del Servizio sanitario nazionale.

Chiaramente con la ricetta elettronica, il codice personale del medico e l’invio online il fenomeno dovrebbe essersi azzerato.

Ma c’è sempre la possibilità che il giovane medico conceda al pensionato le proprie credenziali.

Insomma, un reato in piena regola, quello di sostituzione di persona, che ad esempio è stato ipotizzato nel Teatino dopo che in una perquisizione i Nas hanno sequestrato 142 ricette.

Da queste, emergeva che il medico pensionato firmava al posto del subentrato.

Tuttavia, non sempre la giustizia punisce questo tipo di situazioni.

Un esempio?

La Cassazione ha assolto con la sentenza 44667/2015 un medico. Costui, per aiutare il “passaggio in cura” di 500 suoi pazienti li visitava al posto del subentrato. Entrambi denunciati dall’Asl, in appello hanno subito un sequestro preventivo di 85 mila euro pari a quanto pagato dall’Asl per i 500 pazienti “ereditati” dal medico appena subentrato.

L’Asl ritiene il subentro nullo ma la Cassazione non ha ravvisato la truffa nel caso di specie. E, pertanto, ha disposto il dissequestro.

“Il danno patrimoniale – spiega Benato si sarebbe verificato solo se l’Asl avesse pagato la quota paziente a fronte di un’assistenza non prestata, o prestata da soggetto non qualificato, o se avesse dovuto pagare un extra al sostituto”. Pertanto, La sostituzione “indebita” può configurare semmai “illecito amministrativo”.

Eppure, da un punto di vista meramente deontologico, la compravendita di pazienti pone più di una questione etica.
“Imbrigliare un giovane collega con un contratto capestro – afferma Benato – è contrario al decoro e alla dignità professionale; e, anche se la salute non è un mercato come gli altri, un professionista che condizioni l’ingresso in convenzione di un collega limita l’offerta di salute in un territorio”.

Il tema, tuttavia, resta parecchio controverso.

Basti pensare che alcuni anni fa, pur contrari alla compravendita, i vertici Fimmg affermarono che al medico in uscita qualcosa va riconosciuto. La Fondazione Enpam identifica questo “quibus” nel lavoro part-time pagato a stipendio pieno.

Viene definito anticipo della prestazione pensionistica o App ed è una proposta al vaglio dei ministeri.

Funziona così: il mmg o pediatra che si pensiona inizia a lavorare a part-time, l’altra mezza giornata c’è il giovane subentrante che prende un compenso massimo per 750 scelte; il medico senior resta formalmente titolare. L’Asl versa al pensionando metà stipendio, l’Enpam versa metà pensione.

Una formula che, per Caiazza rischia di introdurre la compravendita di pazienti legalizzata “in cui ancora una volta il medico ‘anziano’ sceglie l’erede da solo, a meno di prevedere meccanismi di trasparenza ancora tutti da individuare”.

 

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