La Corte di Cassazione fa il punto in merito a una questione riguardante la convivenza e il rimborso spettante per aver ristrutturato casa dell’ex compagna.

La Cassazione nella sentenza 21479/2018 torna a fornire precisazioni in materia di convivenza. In particolare, gli Ermellini si sono chiesti se vada rimborsato chi ha ristrutturato a sue spese e arredato la casa dell’ex compagna.

Un rapporto more uxorio non durato molto, ma durante il quale l’ex compagno ha aiutato la donna a cui era legato a ristrutturare e arredare la casa a lei intestata, dove i due avevano convissuto per un breve periodo, è una questione spinosa.

Sul punto, però, la Cassazione ha fatto chiarezza.

La vicenda

A distanza di vent’anni, un soggetto si è visto rimborsare i 100 milioni di vecchie lire versati durante il suo rapporto di convivenza con la ex compagna, la cui casa aveva ristrutturato a sue spese.

L’esborso di denaro, avvenuto in un momento in cui per giunta le sue finanze non erano particolarmente floride, esula dall’obbligazione naturale legata alla convivenza quotidiana.

Pertanto, per i giudici, ciò ha determinato un ingiustificato arricchimento della signora.

La donna, infatti, potrebbe ottenere un notevole vantaggio economico dalla vendita del bene.

La nascita di un figlio, che vive con la madre a seguito dell’accordo fra le parti recepito dal giudice, non scalfisce tale conclusione.

Gli Ermellini hanno quindi respinto il ricorso della donna che era stata condannata a restituire all’ex convivente oltre 50mila euro.

L’importo corrispondeva a quanto quest’ultimo aveva pagato per ristrutturare e arredare l’appartamento, intestato alla ex.

In questo appartamento i due avevano convissuto per alcuni anni, avendo anche un figlio.

Per la Corte d’appello è dimostrato l’oggettivo arricchimento che il contributo economico offerto per l’acquisto, la ristrutturazione e l’arredamento durante la convivenza ha determinato nei confronti della donna.

Per i giudici, inoltre, il mancato recupero dell’importo, una volta cessata la convivenza, configura un ingiustificato impoverimento del solvens.

Oltre naturalmente a un ingiustificato arricchimento dell’accipiens che, quale proprietaria dell’immobile, aveva continuato a fruirne.

Pertanto, la Cassazione ha respinto tutti i motivi di ricorso.

Per gli Ermellini, infatti, l’esborso sostenuto dall’ex è ritenuto estraneo a quelli resi necessari dalla condivisione della vita quotidiana, con la conseguenza che il mancato recupero di detta somma configurava l’ingiustizia dell’arricchimento da parte della compagna (cfr. Cass. n. 11330/2009).

Il ragionamento dei giudici, dunque, è compatibile con l’orientamento secondo cui l’azione di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c. può essere proposta solo quando ricorrano due presupposti.

Il primo è la mancanza di qualsiasi altro rimedio giudiziale in favore dell’impoverito.

Il secondo è l’unicità del fatto causativo dell’impoverimento, sussistente quando la prestazione resa dall’impoverito sia andata a vantaggio dell’arricchito

Infine, non essendo stata sollevata in precedenza la richiesta di applicare la teoria della presupposizione alla convivenza caratterizzata dalla nascita di un figlio, gli Ermellini non possono esprimersi sul punto.

 

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