In presenza del proprietario, danneggiare la porta di ingresso è illecito civile

Danneggiare la porta di ingresso di un negozio o di un’abitazione non è più reato se il proprietario si trova al suo interno.
A stabilirlo è stata la seconda sezione penale della Cassazione con la sentenza numero 26857/2017, che ha annullato senza rinvio la sentenza della Corte d’appello che condannava un uomo per il reato (ex articolo 635 del Codice penale), perché il fatto non è più contemplato dalla legge come reato. Quando manca l’esposizione “alla pubblica fede” della porta di ingresso, infatti, non scatta l’aggravante che configura l’azione come reato penale. Si tratta, bensì, di illecito civile.
Pur alla luce delle diverse interpretazioni in materia, dunque, i giudici della Cassazione hanno stabilito che chi danneggia la porta di ingresso di un negozio o di un’abitazione non possa essere perseguito penalmente in quanto, l’esposizione di una res alla pubblica fede, comporta che questa si trovi “fuori dalla sfera di diretta vigilanza e quindi, affidata interamente all’altrui senso di onestà e di rispetto, per necessità, consuetudine o destinazione naturale: la ratio della previsione risiede, quindi nella minorata possibilità di difesa connessa alla particolare situazione delle cose”.
Dunque, la Cassazione ha scelto di aderire a quell’orientamento che ritiene di escludere l’esposizione alla pubblica fede della porta di ingresso di un esercizio commerciale quando è presente il titolare.
A seguito della depenalizzazione, quindi, chi danneggia la porta di ingresso di un negozio o di un appartamento non commette più reato; se, invece, nell’immobile non c’è nessuno, detto comportamento costituisce ancora un illecito penale.
In altre parole, il titolare dell’esercizio commerciale o il proprietario dell’appartamento può sempre richiedere il risarcimento del danno, ma non più procedendo con una querela, ma facendo una causa ordinaria (e soprattutto anticipando le spese di giudizio).
La Cassazione ha inoltre specificato che il reato di danneggiamento aggravato per essere la cosa danneggiata esposta alla pubblica fede, “può avere a oggetto sia le cose mobili che quelle immobili, poiché l’ambito di applicazione dell’aggravante ha riguardo alla qualità, alla destinazione e alla condizione delle cose indicate nell’art. 625, n. 7 del Codice penale e non anche alla natura mobile o immobile del bene danneggiato”.

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