Questa interessante e particolare pronunzia che arriva dalla Terza Sezione della Suprema Corte (n. 16659/2017), ha trattato la richiesta del risarcimento a titolo di danno all’immagine avanzata da una Società in accomandita semplice nei confronti della Banca MPS per errata trascrizione nel registro dei cattivi pagatori

La vicenda approda agli Ermellini dalla Corte di Appello di Firenze che riconosceva la sussistenza del danno all’immagine subito dalla Società per errato e ingiusto inserimento nell’elenco dei cattivi pagatori effettuato dalla banca MPS.

La Corte territoriale innanzitutto argomentava che la lesione dei diritti della personalità di cui alla nostra Carta Costituzionale deve considerarsi applicabile anche nei confronti delle persone giuridiche e degli Enti collettivi.

I Giudici d’Appello hanno, giustamente, individuato il danno-conseguenza nella concreta percezione, ovvero nella messa a disposizione attraverso la pubblicazione, dell’informazione screditante riguardante la Società commerciale a soggetti terzi, attraverso l’introduzione nel registro della banca dei cattivi pagatori il nominativo della Società, fatto concretamente suscettibile di pregiudicare l’eventuale accesso al credito della Società stessa.

La decisione della Corte territoriale è stata impugnata dalla banca per violazione degli artt. 2043 e 2059 c.c.

Gli Ermellini in sede di esame dell’impugnazione ribadiscono che in tema di risarcimento del danno la portata generale dell’art. 2043 c.c. non induce automaticamente a ritenere che il fatto lesivo comporti automaticamente la prova del pregiudizio subito.

Il riferimento è alla celeberrima pronunzia del 2008 inerente la lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c. che limita la risarcibilità dei danni non patrimoniali ai soli casi previsti dalla legge e per illeciti che abbiano leso i diritti inviolabili della persona costituzionalmente tutelati.

Il pregio di questa interessante pronunzia è la visione d’insieme del concetto civilistico di reputazione e dell’ordito che comprende la reputazione personale e quella professionale.

Entrambi sono beni giuridici tutelati dal nostro ordinamento e, il decoro professionale, che rientra nel concetto di reputazione, corrispondente a quella immagine che il soggetto ha costruito nel proprio ambito lavorativo, è meritevole di tutela.

La Società commerciale in questione ha subito una lesione al decoro professionale con conseguente discredito commerciale nel settore lavorativo in cui opera ove vi sono continui confronti con operatori economici, banche, clienti, ecc.

Gli Ermellini chiariscono che il danno della Società è da rinvenirsi nella ridotta affidabilità di cui è stata macchiata la Società nei rapporti con i terzi afferenti alla banca dati dei cattivi pagatori.

Il danno risarcibile quindi è la diminuzione della considerazione della persona giuridica sia sotto il profilo della incidenza negativa che tale diminuzione comporta nell’agire delle persone fisiche che ricoprono gli organi della persona giuridica e sia nei riguardi dei soggetti con i quali interagisce.

La Cassazione ha valutato le “conseguenze negative che sono derivate alla Società dall’apparire inadempiente dinanzi a soggetti ben qualificati di utilità corrente per la sopravvivenza della persona giuridica, tra cui la banca stessa che forniva una linea di credito necessaria per la prosecuzione dell’attività d’impresa”.

La Cassazione ha rigettato il ricorso e condannato la banca MPS (per danno all’immagine) al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

Questa pronunzia della Terza Sezione, sull’orma tracciata e ormai nota di sempre pregevoli interventi, non si è limitata sterilmente a valutare l’esatta applicazione della legge, ma ha trasfuso il diritto nella realtà fenomenica attuale dimostrando, ancora una volta, che i diritti fondamentali non devono essere catalogati in un numero chiuso.

Avv. Emanuela Foligno

 

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