Le vicende che attengono all’assegno di mantenimento, così come quelle relative all’assegno di divorzio, sono state da anni oggetto di numerosi interventi della Corte di Cassazione

Lo scopo dell’assegno divorzile è quello di garantire al coniuge economicamente più debole, una sorta di autosufficienza, così da renderlo in grado di mantenersi da sé.

È chiaro, dunque che se qualora il coniuge richiedente risulti precettore di un uno stipendio che gli consenta di badare a sé stesso, non potrà rivendicare alcun contributo dall’ex coniuge; viceversa se questo dovesse risultare insufficiente, andrà integrato con l’assegno divorzile.

Esemplificando, ha diritto all’assegno divorzile, la donna che non ha maturato una alcuna formazione professionale o esperienze lavorativa, avendo scelto di dedicarsi alla famiglia; la donna inabile al lavoro, quella cioè impossibilitata a ricoprire una occupazione lavorativa a causa delle sue patologie; ed infine, la donna disoccupata senza colpa. In tal caso, ella dovrà fornire prova di aver cercato lavoro senza esservi riuscita.

Di tali principi ha fatto applicazione il Tribunale di Sassari (sentenza n. 758/2019) che, dopo aver dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario contratto tra le parti in giudizio, ha respinto l’istanza di assegno divorzile formulata dalla ex coniuge a carico del marito.

Ebbene, a fondare la decisione del giudice di merito è stata la considerazione che quest’ultima godesse di una capacità lavorativa del tutto integra e che avrebbe potuto certamente mettere a frutto la sua “lunga esperienza lavorativa maturata” negli anni.

La redazione giuridica

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