Verbale della commissione medica Legge 210/92 (Cass., S.U., 6 luglio 2023, n. 19129).

Le Sezioni Unite si pronunciano sul valore probatorio, nel giudizio di risarcimento del danno, del verbale della Commissione Medica ex l. n. 210/1992.

La questione: al verbale della Commissione medica di cui all’art. 4 L. n. 210/1992, che abbia riconosciuto, nel relativo procedimento amministrativo, la sussistenza del nesso causale tra l’emotrasfusione e la malattia insorta, va riconosciuto valore di prova o di mero indizio?

Le Sezioni Unite risolvono il contrasto giurisprudenziale sull’efficacia probatoria, nel giudizio avente ad oggetto l’azione di risarcimento del danno, della valutazione espressa dalla Commissione Medica Ospedaliera di cui all’art. 4 della L. n. 210 del 1992, con specifico riferimento alla prova del nesso causale fra emotrasfusione e insorgenza della patologia.

La vicenda trae origine da un’azione di risarcimento danni derivanti da emotrasfusione, avvenuta nel 1998, scoperti nel 2004 e dopo che la Commissione Medica aveva riconosciuto il nesso di causa tra l’emotrasfusione e l’infezione da virus HIV.

I Giudici di merito applicavano il principio di diritto secondo cui “l’accertamento della riconducibilità del contagio all’emotrasfusione, compiuto dalla Commissione medica ex art. 4 della L. n. 210/1992, non può essere messo in discussione dal Ministero nel giudizio di risarcimento del danno, perché proveniente da un organo dello Stato ed imputabile allo stesso Ministero.”

Il contrasto giurisprudenziale è sorto sul valore di prova o di mero indizio da assegnare, nel giudizio civile di risarcimento del danno, al verbale in parola che abbia riconosciuto la sussistenza del nesso causale fra l’emotrasfusione e la malattia insorta ai fini della liquidazione delle prestazioni assistenziali disciplinate dalla legge n. 210.

Punto di partenza è rappresentato dalla pronunzia delle Sezioni Unite del 2008 (Cass. Civ. S.U. 11 gennaio 2008 n. 577), secondo cui il verbale costituisce prova legale ex art. 2700 c.c. solo limitatamente ai fatti che la commissione attesta essere avvenuti in sua presenza o dalla stessa compiuti, mentre le valutazioni, le diagnosi o comunque le manifestazioni di scienza o di opinione espresse forniscono unicamente materiale indiziario, soggetto al libero apprezzamento del giudice, il quale può valutarne l’importanza ai fini della prova, ma non può attribuire alle stesse il valore di vero e proprio accertamento.

Tale orientamento, seguito per un decennio, è stato messo in discussione da Cass. Civ., 15 giugno 2018, n. 15734, che lo ha ritenuto inapplicabile nel caso in cui l’azione risarcitoria venga proposta nei confronti del Ministero della Salute, perché in detta fattispecie, nella quale le parti del giudizio coincidono con quelle del procedimento amministrativo, l’accertamento è imputabile allo stesso Ministero, che lo ha espresso per il tramite di un suo organo, e, pertanto, nel giudizio di risarcimento del danno il Giudice deve ritenere «fatto indiscutibile e non bisognoso di prova» la riconducibilità del contagio alla trasfusione.

Successivamente altre decisioni della Suprema Corte hanno ribadito il valore di prova legale dell’accertamento amministrativo.

Ritengono le Sezioni Unite, a definizione del contrasto, che debba essere disatteso l’orientamento espresso più di recente e che, invece, vada ribadito il principio di diritto già enunciato da Cass. S.U. 11 gennaio 2008 n. 577, applicabile sia alle controversie promosse nei confronti delle sole strutture sanitarie sia ai giudizi nei quali venga convenuto anche il Ministero.

In sostanza, viene ribadita la ontologica diversità fra il diritto soggettivo alla prestazione assistenziale disciplinata dalla legge n. 210 del 1992, ed il diritto al risarcimento del danno ex art. 2043 c.c..

Il rimedio risarcitorio presuppone un fatto illecito e può trovare applicazione solo qualora il trattamento sanitario sia stato in concreto attuato senza adottare le cautele o omettendo i controlli ritenuti necessari sulla base delle conoscenze scientifiche. L’indennizzo, invece, trova il suo fondamento nel dovere di solidarietà sociale prescritto dall’art. 2 Cost.

Il valore di prova legale per il verbale della commissione va escluso anche per espressa indicazione normativa nel giudizio nel quale si discute della prestazione assistenziale (art. 147 disp. att. c.p.c., secondo cui «sono privi di qualsiasi efficacia vincolante, sostanziale e processuale, … le collegiali mediche, quale ne sia la loro natura»).

OSSERVAZIONI

A parere di chi scrive, suscita perplessità la decisione delle S.U.

Quanto statuito pone in discussione  l’unitarietà di un accertamento medico-scientifico. Se anche proviene da una Commissione afferente ad un diverso Ministero, è la legge –appunto –  che vincola il Ministero della Salute a tale valutazione, in quanto proviene da un organo dello Stato ed imputabile allo stesso Ministero per disposizione di legge, a prescindere dall’afferenza.

Nel caso di danno da emotrasfusione, “risarcimento” e “indennizzo” presuppongono il medesimo fatto lesivo, derivante dalla medesima attività.

Avv. Emanuela Foligno

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