Spondiloartrosi di origine professionale e nesso causale (Tribunale Bari, Sez. Lavoro, Sentenza n. 3364/2021 del  23/11/2021).

Spondiloartrosi di origine professionali lamentata dal lavoratore viene respinta dall’INAIL.

In giudizio, invece, risulta raggiunta la prova del nesso causale e la domanda viene accolta con condanna in capo all’Inail al pagamento dell’indennizzo in capitale pari al 6% di inabilità permanente a decorrere dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda.

Il ricorrente espone di aver lavorato come intonachista e deduce che a causa delle mansioni svolte contraeva una malattia professionale di “spondiloartrosi”, di cui l’Inail non riconosceva la sussistenza.

Secondo il Tribunale di Bari, invece, il ricorso è fondato.

Il CTU ha confermato l’esistenza della malattia denunciata dal ricorrente (spondiloartrosi diffusa in scoliosi dorso lombare dx convessa con ernie discali lombari multiple), riconoscendo la sussistenza del nesso eziologico tra attività lavorativa svolta e patologia, con postumi permanenti nella misura del 6%.

La prova della malattia professionale, come predicato dalla Suprema Corte,  deve avere un grado di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell’ eziopatogenesi professionale, questa può essere invece ravvisata in presenza di un rilevante grado di probabilità, per accertare il quale il Giudice deve non solo consentire all’assicurato di esperire i mezzi di prova ammissibili e ritualmente dedotti, ma deve altresì valutare le conclusioni probabilistiche del consulente tecnico in tema di nesso causale, facendo ricorso anche ad ogni utile iniziativa ex officio diretta ad acquisire ulteriori elementi (assunzione di deposizioni testimoniali, richiesta di chiarimenti al consulente tecnico e quanto altro si appalesi opportuno) in relazione all’entità ed alla esposizione del lavoratore ai fattori di rischio (Cass. 8 gennaio 2003 n. 87; Cass. 20 maggio 2000 n. 6592; Cass. 8 luglio 1994 n. 6434; Cass. 23 aprile 1997 n. 3523; Cass. 7 aprile 1998 n. 3602).

Ed ancora, “il CTU può giungere al giudizio di ragionevole probabilità anche in base alla compatibilità della malattia non tabellata con la noxa professionale, desunta dalla tipologia delle lavorazioni svolte, dalla natura dei macchinari presenti sul luogo di lavoro, della durata della prestazione lavorativa, e per l’assenza di altri fattori extra -professionali (Cass. 13 aprile 2002 n. 5352; Cass. 21 febbraio 2003 n. 2716; Cass. 24 marzo 2003 n. 4292).

Si possono a tale scopo utilizzare congiuntamente anche dati epidemiologici (Cass. 24 luglio 1991, n. 8310; Cass. sez. un. 4 giugno 1992 n. 68 46; Cass. 27 giugno 1998 n. 6388; Cass. 29 settembre 2000 n. 12909), per suffragare una qualificata probabilità (Cass. 5638/1991 cit.; Cass. 3 aprile 1990, n. 2684).

Il giudizio di compatibilità si differenzia dalla mera possibilità in quanto il primo implica, oltre l’affermazione che la noxa professionale può avere causato la malattia, anche la esclusione di ogni altro fattore extraprofessionale.

Ebbene, le conclusioni del CTU depongono per il riconoscimento del nesso causale indicando l’insorgenza della malattia di spondiloartrosi in relazione all’attività lavorativa svolta.

Anche i testi escussi, hanno confermato esposizione al rischio del ricorrente da cui potere dedurre l’esistenza del nesso causale tra attività lavorativa svolta e malattia denunciata.

Il D.Lgs. n. 38/2000, ribadisce che sono considerate malattie professionali anche quelle non comprese nelle tabelle del Testo Unico ma per le quali il lavoratore dimostri l’origine professionale. L’art. 13 dello stesso decreto definisce il danno biologico come “lesione all’integrità psicofisica suscettibile di valutazione medico legale” e ne sancisce il ristoro, se conseguente a infortunio sul lavoro o a malattia professionale, in misura indipendente dalla capacità di produzione del reddito del danneggiato.

Conclusivamente, viene considerata raggiunta la prova del nesso causale e la domanda viene accolta con condanna in capo all’Inail al pagamento dell’indennizzo in capitale pari al 6% di inabilità permanente.  

Avv. Emanuela Foligno

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