Omessa prescrizione di approfondimenti diagnostici e conseguente ritardo diagnostico (Cass. civ., sez. III, 23 dicembre 2022, n. 37728).

Ritardo diagnostico e responsabilità per omessa prescrizione di ulteriori esami o terapie aggiuntive.

La paziente cita a giudizio due Medici, il Radiologo e il Senologo, per sentirli condannare al risarcimento dei danni patiti in conseguenza del ritardo diagnostico di una neoplasia al seno destro da imputarsi alle concorrenti condotte dei convenuti.

Il Tribunale di Bologna accoglieva la domanda e condannava in solido i due Medici al pagamento dell’importo di Euro 77.740,00, oltre accessori, a titolo di danno non patrimoniale e dell’importo di Euro 2.900,78, oltre accessori, a titolo di danno patrimoniale.

La decisione viene impugnata dalla paziente.

La Corte d’Appello di Bologna osservava che: a) sussisteva, come accertato dal Tribunale, la responsabilità del Senologo, per aver  “omesso di sottoporre la paziente dopo la prima visita risalente all’11.07.1997, ad ulteriori approfondimenti diagnostici nonostante la presenza di un addensamento ghiandolare, così come evidenziato dal referto ecografico redatto dal Medico Radiologo. Il Senologo escludeva la presenza “di alterazioni morfo strutturali degne di nota a carico di entrambe le mammelle“. Invece, la presenza di alterazioni era stata evidenziata dal Radiologo e necessitava di approfondimenti già all’epoca della prima visita.

Inoltre, osservavano sempre i Giudici di Appello, che la circostanza che “al momento della prima visita la paziente avesse già assunto da circa quindici giorni la terapia antiflogistica consigliata avrebbe dovuto, a maggior ragione, indurre il Senologo, informato della circostanza, a prescrivere esami volti ad accertare natura ed entità del persistente addensamento ghiandolare”, non rilevando il fatto che “i successivi esami ecografici (effettuati il 27.11.1997 e il 17.4.1998) gli siano stati mostrati solo il 22.4.1998”.

Veniva, pertanto, in sede di CTU riconosciuto in capo al Senologo “quale conseguenza di un ritardo diagnostico di quasi undici mesi della patologia neoplastica, il “maggior danno” all’integrità psicofisica, individuato dal C.T.U. nell’inevitabile accrescimento del tumore ed evoluzione della malattia sino alla metastatizzazione ai linfonodi ascellari con conseguente linfedema dell’arto superiore destro ed episodi linfatici ricorrenti…, nonché nello scadimento della qualità di vita e nel maggior disagio psicologico provocato dalla severità della prognosi e dalla consapevolezza della ritardata diagnosi.”

Per quanto concerne la posizione del Radiologo, la Corte territoriale ne accoglieva il gravame incidentale, escludendone qualsiasi responsabilità, avendo “assolto con prudenza, diligenza e perizia, la prestazione connessa al proprio ruolo”.

Il Primo Giudice, invece, riteneva  la responsabilità del Radiologo ” sulla base della pedissequa adesione alla C.T.U. senza peraltro che risultassero precisati i profili di negligenza e imperizia nella sua condotta in relazione allo specifico ambito delle attribuzioni e competenze connesse alla sua qualità professionale, tenuto alla corretta diligente esecuzione dell’esame ecografico e alla corretta interpretazione delle immagini, e non già la prescrizione di ulteriori esami e terapie”.

Specificavano, inoltre, i Giudici di Appello,  che  non vi erano elementi tali da indurre “a ritenere che l’ecografia sia stata eseguita con modalità non corrette e/o che vi sia stata una erronea refertazione delle immagini“, non essendo sul punto del tutto condivisibile la C.T.U., “in quanto il Consulente, pur avendo in più punti della relazione fatto decorrere dal luglio del 1997 quindi da epoca successiva alla data della prima ecografia, la emergenza di dati clinici indicativi di una sospetta neoplasia, ha poi fatto un mero accenno alla erronea interpretazione dell’esame ecografico…, senza peraltro precisare in base a quali elementi l’addensamento ghiandolare non avrebbe potuto, in prima battuta, essere ricondotto ad un fenomeno flogistico“.

Il Medico Senologo ricorre in Cassazione lamentando  la errata applicazione dei principi di diritto riguardo l’esenzione di responsabilità concorrente del Medico Radiologo. Sostiene,  che “non è possibile esentare il Medico ecografista dalla valutazione globale del dato clinico emergente dall’analisi e soprattutto dalla indicazione in favore del paziente dei successivi eventuali controlli o terapie da seguire”, non potendo assimilarsi il dovere di diligenza del medico ecografista “a quello cui è soggetto un mero tecnico di laboratorio”.

Gli Ermellini ritengono la censura infondata, sebbene venga rilevata la necessità di  correggere la motivazione in diritto della sentenza impugnata, il cui dispositivo è comunque conforme a diritto.

La Corte territoriale ha richiamato a sostegno della decisione un precedente  (Cass. n. 10158/2018), da cui ha ritenuto di trarre l’affermazione per cui il “medico ecografista è tenuto alla corretta e diligente esecuzione dell’esame ecografico e alla corretta interpretazione refertazione dell’immagine e non già alla prescrizione di ulteriori esami e terapie”.

Invece, il precedente giurisprudenziale citato è da intendere, in ragione della fattispecie materiale allora oggetto di cognizione, nel senso di non voler “esonerare il radiologo, in termini assoluti, dal consigliare ulteriori esami ed approfondimenti al paziente”, avendo, invece, evidenziato “che – in quello specifico caso – i medici coinvolti si erano attenuti alle linee guida e in base ad esse avevano prescritto controlli ravvicinati”, senza, quindi, poter essere destinatari di alcun addebito colposo.

Ragionando in tal senso, in base ai principi sulla diligenza specifica, è obbligo della prestazione sanitaria quello di rendere una diagnosi sulla base degli esami strumentali effettuati e, nel caso in cui tali esami non consentano, senza sua colpa, di avere ragionevoli certezze sull’effettiva condizione del paziente, di attivarsi per gli opportuni approfondimenti o indirizzare il paziente presso centri di specializzazione adeguati allo scopo (in tal senso: Cass. n. 15386/2011; Cass. n. 24220/2015; Cass. n. 30727/2019).

La Suprema Corte, quindi, allineandosi all’orientamento consolidato, enuncia il seguente principio di diritto :

“il medico radiologo, essendo, al pari degli altri sanitari, tenuto alla diligenza specifica di cui all’art. 1176 c.c., comma 2, non può limitarsi ad una mera e formale lettura degli esiti dell’esame diagnostico effettuato, ma, allorché tali esiti lo suggeriscano (e dunque ove, segnatamente, si tratti di esiti c.d. aspecifici del quadro radiologico), è tenuto ad attivarsi per un approfondimento della situazione, dovendo, quindi, prospettare al paziente anche la necessità o l’esigenza di far fronte ad ulteriori e più adeguati esami”.

La Corte bolognese, tuttavia, ha fatto applicazione in concreto di quest’ultima regula iuris, sussumendo correttamente in essa i fatti accertati e, quindi, sottraendosi alle doglianze di parte ricorrente.

Non può discorrersi di inadempimento in capo al Medico Radiologo, né per ritardo diagnostico né per omessi approfondimenti,  in quanto lo stesso, in coerenza con l’esito dell’esame ecografico correttamente eseguito e refertato, ha prescritto alla paziente una terapia coerente con il quadro degli esiti dell’esame effettuato (assunzione di farmaco antinfiammatorio) e, quindi, ha prospettato alla paziente stessa un ulteriore controllo successivamente all’azione della terapia prescritta, non limitandosi, quindi, ad una mera lettura delle immagini ecografiche, ma ponendo la diagnosi relativa con la terapia del caso, nonché indicando la necessità di controllo dopo l’effettuazione della terapia stessa e in ragione dei risultati da essa conseguiti.

Conclusivamente il ricorso viene rigettato.

Avv. Emanuela Foligno

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