Asbetosi polmonare da esposizione professionale di amianto (Tribunale Ancona, sez. Lavoro, 02/11/2022 R.G. 29/2021).

Asbetosi polmonare contratta dal lavoratore per l’esposizione all’amianto.

I congiunti del lavoratore, deceduto per alterazione acuta del ritmo e/o della condizione cardiaca in soggetto affetto da amiloidosi sistemica con prevalente interessamento cardiaco e da asbestosi polmonare, allegano che il de cuius ha svolto attività lavorativa nella cantieristica navale dal 13.6.1956 al 31.12.1993.

Sostengono che nell’ambito di tale attività il lavoratore ha subito un’esposizione ad amianto, con conseguente insorgenza della patologia dell’asbestosi, che lo ha portato al decesso in data 2.8.2014.

La convenuta eccepisce preliminarmente la prescrizione dei diritti vantati e l’inammissibilità della domanda di automatico riconoscimento del danno biologico differenziale, stante l’applicazione ratio temporis dell’art. 13 D. Lgs. 38/2000 che ha inserito il danno biologico nella copertura assicurativa pubblica, con conseguente esonero da responsabilità del datore di lavoro ai sensi dell’art. 10 TU 1124/65. Nel merito, contesta la responsabilità per la morte del lavoratore evidenziando che non vi era divieto normativo per utilizzo di amianto sino al 1992, non vi era dispositivo di protezione individuale idoneo alla protezione dalle fibre di amianto, non vi era consapevolezza della pericolosità dell’amianto.

Il Tribunale ritiene il ricorso fondato.

In via preliminare, con riferimento all’eccezione di prescrizione, viene rilevato che per i danni iure proprio, trattandosi di responsabilità extracontrattuale trova applicazione la prescrizione quinquennale, mentre per i danni iure hereditatis, trattandosi di responsabilità contrattuale per violazione dell’art. 2087 c.c., si applica la prescrizione decennale.

Nel caso di specie, risulta correttamente interrotta la prescrizione quinquennale per il danno jure proprio.

Per quanto riguarda il danno jure hereditatis, invece, è intervenuta la prescrizione.

Il danno iure hereditatis è stato determinato dalle lesioni e non dalla morte del lavoratore per asbetosi polmonare, sicché non è applicabile a tale danno il raddoppio dei termini prescrizionali previsto dall’art. 157 c.p., come riformulato dall’art. 6 comma 1 legge 251/2005 e in vigore dall’8.12.2005.

Ciò posto, riguardo all’esonero di responsabilità invocato dal datore di lavoro,  l’eccezione può valere unicamente per le voci di danno soggette a copertura INAIL, ossia per alcuni aspetti del danno iure hereditatis, non invece per il danno causato a terzi per lesione del vincolo parentale, laddove, non essendoci copertura INAIL, non può applicarsi la regola dell’esonero. Conseguentemente, ritenuto prescritto il danno iure hereditatis l’eccezione deve ritenersi assorbita.

In caso di danno biologico, i danni conseguenti ad infortuni sul lavoro verificatisi, nonché a malattie professionali denunciate a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al comma 3, l’INAIL nell’ambito del sistema d’indennizzo e sostegno sociale, in luogo della prestazione di cui all’articolo 66, primo comma, numero 2), del testo unico, eroga l’indennizzo previsto e regolato dalle seguenti disposizioni:

a. le menomazioni conseguenti alle lesioni dell’integrità psicofisica di cui al comma 1 sono valutate in base a specifica “tabella delle menomazioni”, comprensiva degli aspetti dinamico-relazionali. L’indennizzo delle menomazioni di grado pari o superiore al 6 per cento ed inferiore al 16 per cento è erogato in capitale, dal 16 per cento è erogato in rendita, nella misura indicata nell’apposita “tabella indennizzo danno biologico”. Per l’applicazione di tale tabella si fa riferimento all’età dell’assicurato al momento della guarigione clinica. Non si applica il disposto dell’articolo 91 del testo unico;

b. le menomazioni di grado pari o superiore al 16 per cento danno diritto all’erogazione di un’ulteriore quota di rendita per l’indennizzo delle conseguenze delle stesse, commisurata al grado della menomazione, alla retribuzione dell’assicurato e al coefficiente di cui all’apposita “tabella dei coefficienti”, che costituiscono indici di determinazione della percentuale di retribuzione da prendere in riferimento per l’indennizzo delle conseguenze patrimoniali, in relazione alla categoria di attività lavorativa di appartenenza dell’assicurato e alla ricollocabilità dello stesso. La retribuzione, determinata con le modalità e i criteri previsti dal testo unico, viene moltiplicata per il coefficiente di cui alla “tabella dei coefficienti”. La corrispondente quota di rendita, rapportata al grado di menomazione, è liquidata con le modalità e i criteri di cui all’articolo 74 del testo unico.”

Orbene, l’inserimento del danno biologico nella copertura assicurativa INAIL non esclude la responsabilità del datore di lavoro né per il danno complementare in caso di provata responsabilità civile, non operando in tali casi l’esonero di cui al citato art. 10, in quanto non si tratta di voci di danno coperte dall’assicurazione obbligatoria, né per il danno differenziale nell’ipotesi di riscontrata responsabilità penale.

Venendo al merito della controversia, i ricorrenti hanno fornito prova sufficiente dell’inadempimento del datore di lavoro all’obbligo sancito dall’art. 2087 c.c. e della conseguente insalubrità dell’ambiente di lavoro per sussistenza di esposizione all’amianto, del nesso causale tra tale esposizione e del danno subito consistente nell’asbestosi polmonare che ha portato al decesso, mentre nessuna prova liberatoria è stata fornita dal datore di lavoro ai sensi del combinato disposto degli art. 1218 e 2087 c.c.

Le testimonianze svolte hanno confermato che durante l’attività lavorativa presso il cantiere navale il lavoratore era stato a contatto con l’amianto per le specifiche mansioni a lui assegnate, dovendo tagliare le paratie coibentate con amianto a spruzzo per svolgere le attività di tubista e montatore, a volte forando anche fogli in amianto per realizzare le guarnizioni.

Il CTU ha rilevato che “secondo il parere aggiunto redatto dall’Inail, sede di Ancona, datato 10 novembre 2004,  vi è evidenza di lavorazioni con impiego di prodotti contenenti amianto nel periodo successivo al 1986. Nella fattispecie, si specificavano operazioni di saldatura automatica ad arco sommerso con tecnica one-side su supporto FAB 1, il quale si componeva di vari materiali, tra cui anche un film composto da tessuto di amianto”.

Alla luce di ciò, tenuto conto che il lavoratore ha prestato attività lavorativa dal 1956 al 1993, viene ritenuto accertato il contatto con polveri di amianto sia per l’attività specifica svolta sia per l’esposizione ambientale diffusa dovuta alla presenza di lavoratori addetti a diverse mansioni, anche comprendenti la manipolazione di amianto, nello stesso luogo, e alla rimozione delle polveri di lavorazione dai luoghi e dalle tute di lavoro con metodi che favorivano il diffondersi delle polveri anche in presenza degli operai o da parte di questi stessi.

Pacifica, pertanto, l’esistenza di un’esposizione professionale all’amianto almeno trentennale e conseguentemente pacifica l’esistenza del nesso di causa tra l’asbestosi polmonare.

Concludendo, la società datrice di lavoro viene condannata a risarcire il danno iure proprio causato ai ricorrenti, quantificato in oltre seicentomila euro.

Avv. Emanuela Foligno

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