Infortunio provocato dalle pale meccaniche del tosaerba (Cassazione civile, sez. lav., 16/12/2022,  n.37019).

Infortunio del lavoratore nel corso di una dimostrazione pratica dell’uso del tosaerba in una manifestazione fieristica.

La Corte d’Appello di Perugia respingeva l’appello del lavoratore confermando la sentenza di primo grado che rigettava la domanda proposta nei confronti della società datrice di risarcimento dei danni conseguenti all’infortunio occorso.

I Giudici di appello accertavano che il lavoratore rimaneva vittima di un grave incidente nel corso di una manifestazione fieristica mentre era a alla guida di un tosaerba durante una dimostrazione pratica, aveva perso il controllo del mezzo e, a causa delle ferite cagionate dalle pale meccaniche del tosaerba, aveva riportato una menomazione dell’integrità psicofisica del 70%.

La Corte territoriale considerava inattendibile la dichiarazione scritta del legale rappresentante della società datrice di lavoro con la quale riferiva che il macchinario, coinvolto nell’incidente, era stato riparato da un dipendente della società, e che questi aveva dimenticato di riposizionare correttamente il sistema di sicurezza.

Risultava, altresì, accertato dalle deposizioni testimoniali  che il tosaerba in questione era stato consegnato al lavoratore infortunato il giorno precedente alla manifestazione fieristica con il dispositivo di sicurezza perfettamente funzionante. Pertanto, veniva considerata imprudente la condotta dell’infortunato consistita nelle manovre compiute nel corso della prova pratica su un terreno scosceso, assolutamente inadeguato a dimostrare la funzionalità di un tosaerba normalmente usato su superfici piane ed essendo il predetto, al momento dell’incidente, in uno stato di ebrezza alcolica con concentrazioni di alcol nel sangue pari quasi al doppio della soglia limite prevista per il reato di guida in stato di ebbrezza.

Sulla scorta di tali considerazioni, i Giudici di merito hanno ritenuto che l’art. 2087 c.c., potesse trovare applicazione unicamente nei confronti di un lavoratore subordinato e non di un associato in partecipazione e che quindi non gravasse sulla società l’onere di dimostrare l’adempimento dell’obbligo di sicurezza e che fosse invece onere dell’infortunato dimostrare che l’incidente era stato causato da fatto doloso o colposo di terzi e che tale prova non era stata in concreto fornita.

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il lavoratore che lamenta la omessa applicazione dell’art. 2087 c.c. nei confronti degli associati in partecipazione del datore di lavoro ed errata applicazione dei principi inerenti l’onere probatorio.

Le censure sono fondate.

L’art. 2087 c.c. fonda l’obbligo datoriale di adottare tutte le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a proteggere l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.  L’espressione “prestatori di lavoro” ha una portata ampia, come agevolmente desumibile dalla comparazione lessicale con il successivo art. 2094 c.c., che definisce e disciplina specificamente la figura del “prestatore di lavoro subordinato”.

La categoria dei “prestatori di lavoro” non coincide solo con quella dei lavoratori subordinati, ma include anche altri soggetti, sia normativamente equiparati ai lavoratori subordinati e sia comunque attratti nell’alveo di protezione della sicurezza e salute sul lavoro, anche se estranei al rapporto di lavoro (v. Cass. n. 21694 del 2011; Cass. n. 21894 del 2016).

Inoltre, l’ordinamento individua i beneficiari dell’obbligo di protezione prescindendo dalla formale categoria contrattuale attraverso cui la prestazione lavorativa viene svolta, ma dando rilievo allo svolgimento di un’attività lavorativa nell’ambito di un contesto professionale organizzato da un datore di lavoro, anche al solo fine di apprendere un mestiere e quindi con o senza retribuzione.

Pertanto, l’associato in partecipazione rientra tra i destinatari delle disposizioni in materia di sicurezza e nei suoi confronti devono trovare applicazione sia la normativa prevenzionistica a tutela della salute e sicurezza e sia la norma cd. di chiusura di cui all’art. 2087 c.c., con il connesso regime probatorio, oltre che la tutela Inail (v. sul punto Corte Cost. n. 332 del 1992).

La sentenza impugnata ha analizzato le allegazioni e gli elementi di prova secondo una prospettiva non corretta ed ha ritenuto inapplicabili nei confronti del lavoratore infortunato, essendo lo stesso associato in partecipazione della società datrice di lavoro, le disposizioni in materia infortunistica di cui all’art. 2087 c.c.. Inoltre, i Giudici di appello, hanno erroneamente addossato al lavoratore l’onere di provare che l’infortunio causato dal tosaerba fosse stato determinato dal fatto doloso o colposo di terzi.

Il ricorso del lavoratore viene dunque accolto e la decisione impugnata viene cassata con rinvio in diversa composizione.

Avv. Emanuela Foligno

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