Il Tribunale di Bolzano non ha accolto l’istanza di risarcimento, presentata da un alunno, per i danni riportati dopo un infortunio, verificatosi durante una partita di rugby nell’ora di ricreazione

La vicenda

Un alunno aveva citato in giudizio, dinanzi al Tribunale di Bolzano, l’istituto scolastico presso il quale aveva frequentato le scuole medie inferiori, esponendo di essersi infortunato mentre giocava a rugby, nell’ora di ricreazione, scontrandosi con un suo coetaneo.

A causa dell’incidente aveva riportato danni non patrimoniali oltre al danno patrimoniale per rottura di un elemento dentale, che quantificava complessivamente nella somma di E 8.616,83; – ma non aveva mai ricevuto dalla scuola alcun risarcimento, salvo il pagamento di un acconto di E 974,72 da parte dell’assicurazione.

Riteneva, tuttavia, sussistente la responsabilità dell’Istituto ai sensi dell’art. 1218 c.c. o comunque, dell’art. 2048 e 2049 c.c., in quanto l’infortunio si era verificato a causa di un inadeguato controllo da parte del personale preposto alla vigilanza degli allievi.

In ipotesi di lesioni subite da un alunno nel corso dell’attività scolastica la giurisprudenza di legittimità ha individuato due distinti profili di responsabilità civile dell’istituto che consegue, in virtù del principio di immedesimazione organica ex art. 28 Cost., a quella dei propri dipendenti tenuti all’osservanza degli obblighi di vigilanza degli alunni.

In primo luogo, nell’ipotesi di lesioni che l’alunno procura a sé stesso, si è ritenuto sussistente una responsabilità di natura contrattuale.

In diverse pronunce la Corte di Cassazione ha evidenziato come con l’accoglimento della domanda di iscrizione presso l’Istituto scolastico e la conseguente ammissione dell’alunno a scuola, sorga un vincolo negoziale da cui deriva l’obbligo di vigilare sulla sua sicurezza ed incolumità per tutto il tempo in cui il medesimo fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni (Cass. n. 3081/2015 ; Cass. n. 18615/2015). In virtù di tale obbligo, l’istituto scolastico è tenuto a predisporre tutti gli accorgimenti necessari ed idonei ad evitare i danni che l’alunno possa provocare a sé stesso, sia all’interno dell’edificio scolastico che nelle sue pertinenze, di cui abbia l’istituto abbia la custodia (Cass. n. 680/2011; Cass. n. 1769/2012; Cass. n. 22752/2013; Cass. n. 23202/2015).

Tale principio trova a maggior ragione applicazione nel caso in cui, come quello in esame, si tratti di un istituto privato che prevede il pagamento di una retta annuale.

Ne deriva che in simili casi, mentre il danneggiato deve provare esclusivamente che l’evento dannoso si sia verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, sulla scuola/istituto incombe l’onere di dimostrare che esso sia stato determinato da causa non imputabile, né alla scuola/istituto in se considerato, né agli insegnanti e precettori (cfr. Cass. n. 3612/2014; Cass. n. 3695/2016).

L’infortunio provocato dal fatto illecito di un alunno a danno di altro alunno 

In ipotesi, invece, di infortunio provocato dal fatto illecito di un alunno a danno di altro alunno si verte nel campo della responsabilità extracontrattuale.

La norma di riferimento è rappresentata dall’art. 2048 c.c., ai sensi del quale la responsabilità del precettore, e di riflesso quella dell’istituto, è presunta, salvo la prova di non aver potuto impedire il fatto.

Sul danneggiato incombe dunque, l’onere di provare che il danno sia stato cagionato dal fatto illecito di un altro alunno durante il tempo in cui lo stesso era affidato alla vigilanza del personale scolastico, mentre spetta all’istituto dimostrare di aver esercitato la sorveglianza sugli allievi con la diligenza idonea ad impedire il fatto (Cass. n. 24997/2008; Cass. n. 2542/2009). La scuola, inoltre, può fornire la prova liberatoria dell’inevitabilità del danno, nonostante la predisposizione di tutte le cautele idonee ad evitare il fatto (Cass. n. 6844/2016).

In ogni caso, la corretta qualificazione della natura giuridica della responsabilità dell’istituto appare marginale in quanto, come ha avuto modo di stabilire la Cassazione con la sentenza n. 3695/2016 sopra richiamata: “”Presupposto della responsabilità dell’insegnante per il danno subito dall’allievo, nonché fondamento del dovere di vigilanza sul medesimo, è la circostanza che costui gli sia stato affidato, sicché chi agisce per ottenere il risarcimento deve dimostrare che l’evento dannoso si è verificato nel tempo in cui l’alunno era sottoposto alla vigilanza dell’insegnante, restando indifferente che venga invocata la responsabilità contrattuale per negligente adempimento dell’obbligo di sorveglianza o la responsabilità extracontrattuale per omissione delle cautele necessarie – suggerite dall’ordinaria prudenza, in relazione alle specifiche circostanze di tempo e di luogo – affinché, fosse salvaguardata l’incolumità dei discenti minori”.

Con riferimento al caso in esame, il Tribunale di Bolzano ha escluso qualsiasi tipo di responsabilità in capo alla scuola.

La partita di rugby era stata, infatti, improvvisata dagli studenti e nessuno degli educatori presenti aveva dato indicazioni ai ragazzi al riguardo.

Peraltro, l’impatto si era verificato non durante un’azione o movimento caratteristico dello sport, che presuppone il necessario contatto fisico tra i partecipanti, quale, ad esempio, un placcaggio o una mischia, bensì durante un normale movimento dell’alunno che, del tutto involontariamente, nell’intento di schivare alcuni avversari, si girava su se stesso e si scontrava con l’attore.

“Il cambio repentino di direzione di un giocatore in possesso della palla è un movimento tipico di numerosi sport, quali, ad esempio, il calcio, il basket e la pallamano. Ed è, inoltre, notorio – ha continuato il giudice adito –  che nello svolgimento di una partita, in cui i cui componenti delle squadre si muovono tutti all’interno dei medesimi spazi fisici sul campo di gioco, il contatto involontario tra giocatori, a volte anche della medesima squadra, è di per sé inevitabile; senza tuttavia, poter affermare che tali sport debbano essere ritenuti violenti, “di contatto” o, comunque, tanto pericolosi da dover essere vietati in un contesto scolastico”.

Che lo scontro, non connotato – neppure minimamente – da violenza, si fosse verificato durante una partita di rugby aveva, dunque, poca importanza, rientrando nel rischio comune di tutti gli sport di squadra con la palla.

Ed inoltre, considerata la particolare dinamica dell’evento, anche qualora gli educatori fossero stati presenti o avessero diretto personalmente la partita, non avrebbero comunque potuto impedire l’evento, se non mediante il divieto assoluto di praticare qualsiasi sport di squadra con la palla; divieto che, – a detta del giudice di primo grado – “oltre che eccessivo in considerazione dell’età dei ragazzi, risulta francamente incompatibile con la finalità dell’ora di ricreazione che è proprio quella di consentire agli scolari di svagarsi”.

La redazione giuridica

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