Confermata in Cassazione la penale responsabilità della legale rappresentante di una ditta di lavori di ristrutturazione per il decesso di un operaio che stava svolgendo lavori in quota senza idonei sistemi di protezione

Era stata accusata, in qualità di legale rappresentante della ditta esecutrice dei lavori di ristrutturazione esterna di una palazzina, di omicidio colposo per aver provocato la morte di un operaio il quale, nel posizionare un cavalletto, aveva perso l’equilibrio rovinando al suolo. All’imputata, in particolare, veniva contestato di non aver fatto utilizzare nei lavori in quota idonei sistemi di protezione, quali i dispositivi retrattili, benché adeguatamente previsti nel PIMUS, e di non avere assicurato un adeguato sistema di protezione direttamente o mediante connettore lungo una guida o linea vita a parti stabili delle opere fisse o provvisionali.

I Giudici del merito avevano ritenuto la donna, in concorso con un altro imputato, responsabile del decesso del lavoratore per colpa generica e specifica violazione di norme di prevenzione antinfortunistica.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte la dirigente della società eccepiva che al lavoratore defunto erano stati in realtà assegnati una serie di strumenti di protezione individuale, tra i quali quello denominato “EN 360 Imbracatura Anticaduta”.

I Giudici Ermellini, tuttavia, con la sentenza n. 35426/2020 hanno ritenuto di non aderire al motivo di doglianza sottolineando che in realtà la ricorrente non contestava l’affermazione di responsabilità, ma unicamente un passaggio della sentenza di appello relativa ai dispositivi di protezione individuale.

Al riguardo la Corte territoriale si era soffermata in maniera approfondita sulla sussistenza delle condotte colpose addebitate alla ricorrente, rimarcando che su tutti i lati dell’edificio era stato realizzato un ponteggio metallico privo di perni di collegamento tra i vari montanti (c.d. spine a verme), a conferma di una scorretta modalità operativa, che creava di fatto elementi di criticità potenzialmente idonei a determinare la fuoriuscita dei montanti dal telaio sottostante ed il conseguente rischio di precipitazione. Era stato inoltre accertato che l’operaio lavorava in quota nella totale mancanza di sistemi di protezione, non risultando agganciato alla c.d. linea-vita, pur avendo indossato il dispositivo di imbracatura anticaduta in dotazione individuale, da agganciare alla predetta linea-vita. Mancava, dunque, ogni sistema di ancoraggio per collegare i dispositivi anticaduta individuali retrattili dei singoli lavoratori, mediante il connettore grande presente sul cordino collegato all’imbracatura; la mancanza di tale sistema di ancoraggio e la totale mancanza di perni di collegamento tra i vari montanti, accertata sull’intero ponteggio prefabbricato, ponevano in grave pericolo la situazione di lavoro degli operai e, nella specie, avevano costituito causa della caduta della vittima.

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