La Cassazione aveva annullato con rinvio la sentenza di condanna dei camici bianchi per la morte di Piermario Morosini, il calciatore colto da un arresto cardiaco in campo nel 2012 durante un incontro di serie B

La Corte d’Appello di Perugia ha assolto i tre medici che erano stati condannati per omicidio colposo in relazione alla morte di Piermario Morosini. Il calciatore, all’epoca in forza al Livorno,  morì il 14 aprile 2012 dopo essersi accasciato sul prato dello stadio Adriatico nel corso di un incontro di serie B contro il Pescara. Aveva 26 anni.

A giudizio erano finiti un medico del 118 di Pescara, condannato dal Tribunale del capoluogo abruzzese a un anno di reclusione, e i due medici sociali delle squadre in campo quel giorno, ai quali, sempre in primo grado, era stata inflitta una pena di 8 mesi ciascuno. Per il Giudice i camici bianchi avrebbero dovuto utilizzare il defibrillatore presente sul campo, il cui impiego nei primi tre minuti successivi al collasso avrebbe incrementato la probabilità di ripresa del ritmo cardiaco del 60/70%.

Il verdetto era stato confermato anche in secondo grado ma, lo scorso aprile, la Corte di Cassazione aveva annullato la pronuncia della Corte d’appello dell’Aquila  rinviando il caso alla Corte territoriale di Perugia per un nuovo giudizio.

In base a quanto appurato dalle indagine, Morosini è deceduto per un arresto cardiaco dovuto a una cardiomiopatia aritmogena. Al momento del malore era stato soccorso dal medico del Livorno; poi era sopraggiunto anche quello del Pescara e, infine, il medico del 118 che gli aveva praticato un massaggio cardiaco. Al calciatore era stata applicata anche una cannula per la ventilazione. Tutti i tentativi di rianimazione, tuttavia, erano risultati vani, così come la corsa disperata in ospedale a bordo di un mezzo del 118.

Secondo la Cassazione, tuttavia, le valutazioni espresse nella sentenza di condanna e “poste alla base della ritenuta sussistenza del nesso di derivazione causale tra le condotte dei sanitari e la morte improvvisa del giovane calciatore”, risultavano però “da un lato carenti e dall’altro inficiate da aporie logico-argomentative”. I Giudici del Palazzaccio, inoltre, hanno osservato che nella sentenza d’appello “non sono state considerate le condizioni di concitazione e urgenza, in cui si svolse l’azione di soccorso, nella prospettiva della concreta esigibilità di una condotta diversa da parte dei medici”.

La corte d’appello di Perugia, dunque, accogliendo i rilievi della Cassazione, ha deciso di assolvere gli imputati.

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