La recente proposta di modifica legislativa in tema di liquidazione del danno non patrimoniale ( articolo 84 bis ) si fonda – come le stesse indicazioni liquidative della Tabelle di Milano – sull’erroneo presupposto tecnico per il quale si pensa che l’invalidità permanente, riconosciuta dal medico legale, contenga, in sé, anche la componente “soggettiva” conseguente alla determinata menomazione in se accertata.
Presupposto tecnico erroneo come dimostrato scientificamente (vedi Casistica della societa’ Medicolegale Triveneta 2010/2015 su  8000 casi di valutazione medicolegale del danno alla persona da sofferenza lesione/menomazione correlata)
Ciò comporta che il parametro liquidativo di  base, previsto dalle tabelle di Milano ,contenga  una quota risarcitoria (cd sofferenza intima) che si incrementa erroneamente, in via proporzionale alla percentuale di Invalidità permanente accertata secondo Barème medicolegale .
In altri termini, come verificato, a una determinata percentuale di Invalidità permanente può spesso corrispondere una componente di “sofferenza“ non automaticamente correlabile all’entità della IP (talora inferiore ovvero talora notevolmente superiore alla media dei casi valutati), potendosi quindi determinare, di volta in volta, possibili sperequazioni  risarcitorie  rispetto alla reale entità del danno base alla persona: e ciò indipendentemente dalle ulteriori variabili risarcitorie autonomamente connesse a specifici aspetti dinamico relazionali del danneggiato.
Qualora si dovesse confermare il criterio liquidativo delle Tabelle di Milano, si renderebbe necessario, di volta in volta, dare degli oggettivi correttivi tecnici (finalizzati ad una riduzione o ad un incremento della quota base risarcitoria per singola IP accertata) basati su una associata parametrazione tecnica “qualitativa“  della invalidità permanente, onde ottenere l’effettiva quota base del risarcimento del danno biologico. Quindi – ove ammissibile – procedere con la successiva fase di “personalizzazione“ in relazione a differenti elementi probatori (ovviamente non di esclusiva pertinenza medicolegale).
In previsione di eventuali ulteriori modifiche in materia di liquidazione del danno non patrimoniale, riteniamo necessario segnalare, inoltre, l’attuale palese incongruità  liquidativa della Inabilità temporanea biologica.
Qualsiasi specialista medico legale è consapevole che non sussiste alcun rapporto prestabilito tra entità e decorso della lesione e conseguente valutazione dell’invalidità permanente biologica.
La comune esperienza medico legale insegna che eventi lesivi significativi, pur evolvendo in modo similare (quindi con determinazione di periodi di IT definibili tecnicamente, sia sotto il profilo cronologico che qualitativo, in modo pressoché uguale) possono stabilizzarsi con postumi superiori o inferiori al fatidico 9% di invalidità permanente, derivandone una evidente illogicità tecnica nell’applicazione di differenti parametri di liquidazione della inabilità temporanea a seconda se la lesione si stabilizza con postumi invalidandi inferiori o superiori al fatidico 9%.
Ciò comporta quindi che i parametri di liquidazione della inabilità temporanea biologica, invece di ancorarsi all’effettiva entità ed evoluzione della “lesione – malattia” vengono erroneamente rapportati, nella normativa vigente, a un limite di variabilità disfunzionale menomativa (soglia del 9% di IP) che contrasta con l’effettivo valore probatorio e risarcitorio del “danno – conseguenza” connesso all’inabilità temporanea biologica che – allo stato –  si diversificherebbe, sostanzialmente, in misura inversamente proporzionale al grado di “fortuna o sfortuna” del danneggiato nell’essere guarito con IP superiori o inferiori al 9%, indipendentemente dall’effettiva conseguenza di danno alla persona patita dall’epoca della lesione alla sua stabilizzazione.

Dott. Enrico Pedoja

Segretario Società Medicolegale Triveneta

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