La notifica telematica si fonda sul principio della conoscibilità dell’atto secondo un criterio di ordinaria diligenza del destinatario rispetto al controllo degli atti ricevuti

Una società dichiarata fallita dal Tribunale ha presentato ricorso per Cassazione contro il rigetto da parte della Corte d’appello del reclamo proposto contro la sentenza di primo grado.
Nell’impugnare la decisione del Giudice di secondo grado l’azienda lamentava la nullità della pronuncia in base alla considerazione che il giudizio prefallimentare si era svolto in assenza di contraddittorio, in quanto la notifica del ricorso e del decreto di convocazione a mezzo pec sarebbe stata inidonea “a garantire un effettivo esercizio del diritto di difesa”.
La Suprema Corte, tuttavia, ha respinto il ricorso ritenendolo infondato. Gli  Ermellini hanno infatti appurato che la notifica del ricorso di fallimento e del decreto di fissazione era pacificamente avvenuta a mezzo PEC, nei termini previsti. La società ne era venuta a conoscenza, tuttavia,  solo dopo la data della comparizione, in quanto aveva tardivamente provveduto all’effettiva apertura della casella di posta certificata.
Tale circostanza, secondo i Giudici di Piazza Cavour, non compromette il diritto di difesa della fallenda al momento che, come correttamente osservato dalla Corte territoriale, sia la notifica al domicilio sia quella telematica si fondano sullo stesso principio di fondo che è quello della conoscibilità dell’atto secondo un criterio di ordinaria diligenza del destinatario rispetto al controllo degli atti ricevuti.
In conclusione l’ordinanza n. 7390/2017 della Cassazione fissa il principio secondo cui non aprire la pec, o aprirla tardivamente, non rileva ai fini della validità della notifica di un atto presso il domicilio elettronico del destinatario nell’ambito di un procedimento civile telematico.
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