Perdita di possibilità positiva (Cassazione civile, sez. III, 28/02/2023,  n.5990).

Perdita di possibilità positiva, ovverosia perdita di chance.

Il Tribunale di Bari, decidendo su una domanda di condanna, previo accertamento di responsabilità per un sinistro stradale, condannava i convenuti a risarcire, al netto della somma già versata dalla Compagnia di Euro 244.061,41, per danno non patrimoniale Euro 50.980,70 e a ciascuno degli altri attori per un danno non patrimoniale Euro 10.000, oltre accessori.

La Corte d’appello di Bari accoglieva il gravame principale limitatamente al danno patrimoniale per rottamazione della vettura, quantificato in Euro 3.500,00.

Il danneggiato propone ricorso in Cassazione.

Secondo il ricorrente, il Tribunale aveva negato il risarcimento di danno patrimoniale, tra cui il risarcimento richiesto, perché, vista la gravità delle lesioni permanenti (30%), lo stesso non avrebbe potuto arruolarsi nell’Esercito, o nella Polizia Penitenziaria, e non avrebbe potuto aspirare ad attività dello stesso tipo confacenti alle sue attitudini e condizioni personali.

Ed ancora, la Corte territoriale non avrebbe esaminato l’appello sulla perdita di concorrenzialità lavorativa per le rilevanti lesioni permanenti da ricondurre “nella dimensione della perdita o riduzione della capacità lavorativa generica”, comportante danno patrimoniale, in proiezione futura, da perdita di chance per “sopravvenuta privazione della concorrenzialità lavorativa” per le lesioni personali. La Corte d’appello non avrebbe esaminato il contenuto della domanda di risarcimento del danno patrimoniale derivante dalla riduzione della capacità lavorativa generica che avrebbe impedito di ottenere un lavoro adeguato alle attitudini e ispirazioni del danneggiato. La Corte territoriale sarebbe incorsa nella omessa decisione essendosi limitata a pronunciarsi sulla “sola prospettazione letterale della pretesa” non ricercandone l’effettivo contenuto sostanziale, integrando extrapetizione o ultrapetizione e abusando del potere interpretativo.

Gli Ermellini esaminano i motivi di ricorso congiuntamente in quanto tutti afferenti alla perdita di possibilità futura patrimoniale e alla perdita di chance.

I Giudici di Appello hanno dato atto che il danneggiato “era acceduto alle selezioni dell’Esercito e della Polizia Penitenziaria, “riservate” a chi avesse già in precedenza svolto servizio militare, solo in virtù della qualifica di ex militare acquisita al termine di ben quattro anni di… ferma volontaria… durante i quali egli aveva, appunto, assunto le competenze indispensabili allo svolgimento di una carriera militare professionale”, e sostenuto che “le caratteristiche attitudinali delle due prospettive lavorative erano tali che senza la menomazione fisica le relative selezioni sarebbero state di certo superate” visti gli esiti concretamente già raggiunti.

Hanno evidenziato, inoltre, l’ottenimento di idoneità fisica al servizio, attestata dal certificato medico del 24. 09. 2009 e il superamento della prova scritta per il concorso di agente di Polizia Penitenziaria, cui seguiva, tuttavia, la non idoneità della prova psicofisica per “esiti di frattura bilaterale delle diafisi femorali consolidati irregolarmente con mezzi di sintesi in sito”.

Tuttavia, i Giudici di secondo grado argomentano in maniera non pertinente rilevando che “il danno per perdita di chances non può intendersi alla stregua di un “danno futuro”… ma è da qualificarsi… “danno emergente”, costituito dalla lesione della possibilità di conseguire un, risultato favorevole, da valutare adeguatamente, in termini di probabilità statistica, come reale possibilità di raggiungere il vantaggio sperato”, bastando una probabilità di successo concreta e ragionevole, non necessariamente superiore al 50%.”. Ed ancora asseriscono che “ il superamento di un concorso non può mai essere preso in considerazione, costituendo una sostanziale impossibilità ogni chance al riguardo: “Le chances individuali di superamento di un concorso, poi, fuggono per loro natura ad un rigoroso apprezzamento su un piano oggettivo, per cui, in mancanza di altri elementi, anche presuntivi, non si può ritenere di addivenire alla definizione di una chance puramente ipotetica e quindi non quantificabile”.

Ebbene quanto affermato non è logico, né comprensibile.

Il danno emergente, come lo prospetta la Corte territoriale, dovrebbe essere di una certezza assoluta, e quindi non vi sarebbe spazio per alcuna chance: diverrebbe una riduzione dell’obbligo risarcitorio per il danneggiante l’avere il danneggiato intrapreso prima del sinistro la partecipazione ad un concorso anche se tale sinistro gliene ha tolto poi i requisiti fisici.

Il Giudice d’appello , nel valutare la posizione del danneggiato, esclude che sia stata fornita, anche solo presuntivamente, una prova sufficiente di avere realmente sofferto il danno.

La Corte, quindi, ritiene non ragionevole la possibilità che fosse proprio il danneggiato, tra le migliaia di partecipanti che sostengono i concorsi pubblici, a superare le prove per l’assunzione e dunque non sussiste un danno da perdita di chance.

Insomma, ad avviso della Corte territoriale, la partecipazione ad un concorso pubblico non ha la minima incidenza in termini di danno emergente, pur trattandosi di un concorrente che aveva allegato e dimostrato di avere elementi specifici in ordine al buon accoglimento di tale concorso (selezioni dell’Esercito e della Polizia Penitenziaria riservate a chi avesse già in precedenza svolto servizio militare, solo in virtù della qualifica di ex militare acquisita al termine di ben quattro anni di arruolamento, in ferma volontaria, presso il 280 reggimento dell’Esercito Italiano, durante i quali egli aveva, appunto, assunto le competenze indispensabili allo svolgimento di una carriera militare professionale).

Invero, la prova psico – fisica, in seno a tale concorso pubblico, ove il danneggiato, dopo avere superato la selezione scritta, veniva giudicato “non idoneo” per “esiti di frattura bilaterale delle diafisi femorali consolidati irregolarmente con mezzi di sintesi in sito”, rappresentava l’esame strategico per l’assunzione, al quale il danneggiato era acceduto per il superamento della prova scritta.

Ergo, sarebbe stato logico dedurre che  data l’idoneità già attestata nel settembre 2009, quinti ante sinistro stradale,  senza le lesioni residuali il danneggiato non avrebbe avuto alcun problema a risultare, con ogni probabilità, idoneo all’arruolamento, con collocazione, nell’ambito della graduatoria definitiva, in posizione utile all’assunzione.

Il ragionamento dei Giudici di Appello è errato poichè  non si conforma a quello che è l’accertamento di una chance, in quanto pretende un accertamento pieno della vittoria del concorso da parte del danneggiato, scambiando in modo erroneo la possibilità – la chance -, cioè quel che se perduto già dovrebbe rilevare come danno emergente, con l’esito del concorso, il quale è ovvio che non potrebbe mai essere accertato se non vi si partecipa fino alla fine.

La chance equivale a quello che si è perduto ed è un danno emergente.

Il danno per perdita di chances lavorative è un danno patrimoniale, per cui sulla sua sussistenza, o meno, non ha alcuna incidenza la percentuale del danno biologico.

Per tali ragioni, la motivazione dei Giudici di Appello, di rigetto del risarcimento del danno patrimoniale per riduzione della capacità lavorativa specifica è una motivazione apparente, argomentata in maniera non pertinente.

Il soggetto che invoca il risarcimento del danno da perdita di chances – che, come concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene, non costituisce una mera aspettativa di fatto, bensì un’entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione, ha l’onere di provare, anche solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, la realizzazione in concreto anche solo di alcuni dei presupposti per raggiungere il risultato sperato e impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile si ponga come conseguenza immediata e diretta.

La giurisprudenza ha riconosciuto, ormai da tempo, il diritto al risarcimento da perdita di possibilità positiva (c.d. chance), possibilità che rimane come oggetto di rilievo, che non deve essere confusa con l’ottenimento del bene in relazione alla quale la possibilità sussiste.

Il ricorso viene accolto, la decisione cassata con rinvio in diversa composizione alla Corte di Appello di Bari.

§§§

Osservazioni.

L’interessante decisione qui a commento ha spiegato in maniera egregia in che modo debba essere valutata la perdita di chance, ovverosia la perdita di possibilità positiva di accedere ad un lavoro.

Il carico probatorio che grava sul danneggiato, non è agevole in quanto si riferisce, come oggetto della perdita, ad un bene mai acquisito e mai più acquisibile.

Ad ogni modo, non si può trasformare l’impossibilità di ottenere un determinato bene (id est il posto di lavoro) in una fortunata diminuzione dell’obbligo risarcitorio che incombe sul danneggiante. Ciò, oltre che illogico, è anche contrario alla lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c., da svariati anni predicata dalla giurisprudenza.

L’accertamento della perdita di possibilità è collocato non sulla prova stricto sensu del danno, bensì sulla perduta eventualità positiva della possibilità di acquisizione del bene, da commisurare nella sua rilevanza, al caso specifico, sulla base di un concreto raffronto della situazione in cui si trovava il danneggiato prima del sinistro, rispetto a quella sopravvenuta per il sinistro stesso.

Solo in tal modo sarà possibile accertare la sussistenza, o meno, anche soltanto di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato. Non è possibile ragionare attraverso una sorta di automatismo di diniego che, in realtà svuoterebbe l’istituto giurisprudenziale, riparatorio più che risarcitorio, della chance.

Avv. Emanuela Foligno

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