La sentenza del Tribunale di Pordenone riprende gli orientamenti giurisprudenziali della Cassazione in base ai quali il dottore incaricato deve intervenire, qualora gli venga richiesto pur in presenza di una banale richiesta di soccorso

Omissione di atti d’ufficio. Per questo reato il Tribunale di Pordenone ha condannato in primo grado un camice bianco in forza alla guardia medica a 4 mesi e quindici giorni di reclusione, con la sospensione condizionale della pena.

Il medico, una donna di 41 anni, era stato contattato telefonicamente da un cittadino che accusava febbre alta e aveva bisogno di essere visitato. La guardia medica, tuttavia, non andò a domicilio limitandosi a prescrivere l’assunzione di tachipirina per abbassare la temperatura, ma la paziente, in realtà, aveva un’infezione urinaria che la tachipirina non avrebbe potuto aggredire.

Di qui la denuncia nei confronti del medico, sfociata in un procedimento penale conclusosi con la sentenza di condanna per l’emissione della quale il collegio giudicante ha tenuto conto, in particolare, della pronuncia della Cassazione penale, VI sezione, con sentenza n. 31670 del 2 agosto 2007 relativa per l’appunto all’omissione di visita da parte di un medico di guardia a seguito di esplicita richiesta da parte di un paziente.

Nella fattispecie con tale pronuncia la Cassazione ha ascritto tale tipo di responsabilità al reato di cui all’art. 328 del Codice Penale, per essersi il camice bianco, in qualità di medico di guardia, sottratto ad un atto dovuto (rectius esplicita richiesta di visita da parte del paziente che lamentava un dolore al petto) rispondendo di omissione di atti d’ufficio. Per i gli Ermellini il medico doveva intervenire senza ritardo rispetto a una situazione (dolori al petto) che presentava connotati di gravità, con la precisazione che la “constatazione sintomatologica è compito essenziale del medico che deve valutare la necessità di procedere ad un esame clinico, nella specie completamente omesso”.

La sentenza, uniformandosi ai precedenti orientamenti giurisprudenziali, stabiliva che “se è pur vero che non può negarsi al sanitario il compito di valutare la necessità di visitare il paziente sulla base del quadro clinico prospettatogli, considerando che il rifiuto rilevante a norma dell’articolo 328 deve riguardare un atto indifferibile, è anche vero che una tale discrezionalità può ben essere sindacata dal giudice di merito sulla base degli elementi di prova sottoposti al suo esame” e quindi “risponde del delitto di omissione di atti di ufficio il sanitario comandato del servizio di guardia medica che, richiesto di una visita domiciliare urgente, non intervenga, pur presentando la richiesta di soccorso inequivoci connotati di gravità“. Ne scaturisce, come corollario, che il dottore incaricato deve intervenire, qualora gli venga richiesto pur in presenza di una banale richiesta di soccorso.

 

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