Accolto il ricorso dell’INAIL contro il riconoscimento a un cittadino del diritto alla ricostituzione della rendita da infortunio sul lavoro

Il termine decennale previsto dal D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 83, rilevante nella fattispecie di rendita da infortunio sul lavoro (come pure quello quindicennale di cui al D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 137, T.U. per le malattie professionali), nel quale è possibile la revisione della rendita non è di prescrizione, e neppure di decadenza, ma serve semplicemente a delimitare l’ambito temporale di rilevanza dell’aggravamento o del miglioramento delle condizioni dell’assicurato, che fa sorgere il diritto alla revisione. La loro osservanza, attenendo alla fattispecie costitutiva legittimante la revisione, deve essere accertata dal giudice di merito indipendentemente da qualsiasi eccezione di parte. Anche le scansioni temporali interne, di cui ai commi 6 e 7 degli artt. 83 e 137, hanno identica funzione, sicché solo allo scadere del termine complessivo di dieci o quindici anni può porsi un problema di prescrizione o di decadenza. Tali termini hanno dunque natura dilatoria, perché la revisione deve potere essere disposta o richiesta dopo che sia interamente compiuto il periodo di osservazione, il che è una conseguenza necessaria della natura di tale periodo, che deve essere usufruito per intero. Ne consegue che è ammessa la proposizione della domanda di revisione anche oltre il decennio, o la visita medica disposta dall’Istituto, sempreché però che l’aggravamento, o il miglioramento, non si sia verificato oltre il decennio dalla costituzione della rendita. Entro lo stesso termine il lavoratore dichiarato guarito con postumi non indennizzabili può chiedere l’aggravamento di tali postumi. L’onere di provare che il miglioramento o il peggioramento, rilevato successivamente al termine di consolidamento, si sia in realtà verificato entro tale termine, grava sulla parte che vi ha interesse.

Lo ha chiarito la Cassazione con l’ordinanza n. 39754/2021 pronunciandosi sul ricorso proposto dall’INAIL contro il riconoscimento a un lavoratore del diritto alla ricostituzione della rendita per inabilità permanente pari al 16% con riguardo all’infortunio del 11.5.2000 (in relazione al quale era stata costituita una rendita con decorrenza dal 13.1.2001) per il periodo successivo al 4.4.2011.

La Corte d’Appello – fatta ricognizione di un iter giudiziale pregresso (in base al quale l’INAIL era stato condannato al pagamento di una rendita pari al 12% fino al 4.4.2011, data di conclusione degli accertamenti di revisione promossi dall’Istituto previdenziale) e rilevato che l’INAIL, nell’ottobre 2013, aveva comunicato che la rendita veniva liquidata in capitale e cessava nel dicembre 2013 – rilevava che il divieto di revisione (oltre il decennio) previsto dall’art. 83 T.U. n. 1124 del 1965 non poteva operare nel caso di specie in quanto la percentuale dei postumi conseguiti all’infortunio si erano consolidati solamente con il provvedimento con cui la Corte di appello aveva modificato la percentuale, pari al 34%, riconosciuta precedentemente all’assicurato.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte l’INAIL si doleva che la Corte territoriale, ferma l’operatività del giudicato con riguardo al diritto alla rendita fino al 4.4.2011, non avesse scrutinato attentamente il divieto di revisione della rendita oltre il periodo decennale, atteso che la rendita aveva avuto decorrenza dal gennaio 2001 (e che, quindi, le eventuali variazioni in melius o in peius del grado di rendita avrebbero potuto avere rilevanza giuridica solamente se verificatisi entro il decennio, ossia sino a gennaio 2011, collocandosi, pertanto, l’accertamento della Corte territoriale in un periodo – dal 4.4.2011 – che palesemente si poneva oltre il decennio).

Gli Ermellini hanno effettivamente ritenuto di aderire alle argomentazioni proposte dall’Istituto.

Dal Palazzaccio hanno evidenziato che ciò che “è rilevante nel caso di specie è che il termine decennale (nonchè quello quindicennale), decorre dalla data di costituzione della rendita, come espressamente stabilito dall’art. 83, commi 6 e 7, per gli infortuni sul lavoro, e dall’art. 137, comma 6, per le malattie professionali. Tale momento coincide con quello in cui la inabilità permanente di origine professionale raggiunge la misura minima indennizzabile, che costituisce la data di maturazione del diritto alla prestazione, dalla quale decorre la prestazione, anche se il provvedimento, amministrativo o giudiziario che la riconosce, sia successivo. Infatti: a) il consolidamento dei postumi è principio che attiene concettualmente alla inabilità, e quindi il decennio di osservazione del consolidamento della inabilità deve iniziare da un momento ad essa coerente, e cioè dal momento in cui essa diventa rilevante ai fini della rendita, o dal momento da cui questa decorre; b) il diritto alla prestazione previdenziale nasce dalla legge, allorquando si realizzano le condizioni ivi previste; gli atti dell’Istituto assicuratore che riconoscono e soddisfano un tale diritto hanno natura di atti di certazione, ricognizione e adempimento, e non già natura di concessione della prestazione”.

Ne consegue che ogni qual volta una norma identifichi nella “costituzione della rendita” l’evento che rappresenta il dies a quo di decorrenza di un termine alla cui maturazione vengano ricollegati specifici effetti, è alla data individuata in sede amministrativa o eventualmente accertata in giudizio – in cui viene in essere il diritto alla prestazione – che occorre avere riguardo per stabilire se il detto termine sia o meno trascorso.

Nel caso esaminato, ricollegandosi l’ambito temporale di rilevanza delle diminuzioni o degli aumenti dell’attitudine al lavoro e, in genere, delle modificazioni delle condizioni fisiche del titolare della rendita, alla data della costituzione della rendita, che si ricollegava alla nascita del diritto stesso, ossia al gennaio 2001, ogni evento suscettibile di comportare una revisione doveva attenere al periodo decennale, ossia farsi risalire entro il termine del gennaio 2011; la Corte territoriale aveva, pertanto, errato nel tenere in considerazione la modifica dei postumi intervenuta nell’aprile 2011, ricadendo tale evento in un momento ultradecennale, dovendo, semmai, verificare se tale modifica fosse ricollegabile a peggioramenti determinatisi all’interno del decennio.

La redazione giuridica

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