Il decreto dignità, la cui legge di conversione è entrata in vigore da pochi giorni, ristabilisce l’illecito di somministrazione fraudolenta

Con la conversione in legge del cosiddetto decreto dignità è stato reintrodotto, nel nostro ordinamento, il reato di somministrazione fraudolenta precedentemente abrogato dal Jobs Act.

L’illecito è previsto dal nuovo art. 38-bis aggiunto al decreto legislativo n. 81/2015 in tema di contratti di lavoro e mansioni. La norma punisce la somministrazione di lavoro posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore. In tal caso per il somministratore e l’utilizzatore è prevista un’ammenda di 20 euro per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione. Restano salve le sanzioni previste dalla riforma Biagi (art. 18 d.lgs. n. 276/2003).

Tra le altre novità introdotte dal decreto dignità voluto dal Governo, figura poi, in tema di contratti di somministrazione, l’estensione alla somministrazione a termine di gran parte delle disposizioni relative alla disciplina del contratto a termine. Sono inoltre previsti nuovi limiti quantitativi.

Anche per la somministrazione, dunque, varranno i limiti introdotti per i contratti a tempo determinato.

La durata massima, ad esempio, è fissata in 24 mesi con necessità di indicare la causa ove la durata del contratto ecceda i 12 mesi. Non si applicano, invece, le norme sul numero complessivo di contratti (tetto del 20%), sul diritto di precedenza e sulla disciplina dello stop&go.

Il decreto dignità mira, in generale, a combattere il lavoro precario. A tal fine, il provvedimento prevede, tra l’altro, che il numero dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato ovvero con contratto di somministrazione a tempo determinato non potrà eccedere complessivamente il 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipulazione dei predetti contratti. Il tutto salva diversa previsione dei contratti collettivi applicati dall’utilizzatore.

Inoltre, per ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato, anche in regime di somministrazione, scatterà un aggravio contributivo dello 0,5% a carico del datore. Fanno eccezione solo i contratti di lavoro domestico.

 

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