Una interfaccia cervello computer potrebbe essere in grado di verificare la presenza di uno stato di coscienza in pazienti in stato vegetativo post-coma

Ha preso il via il progetto scientifico “Interfaccia Neurale per valutare il livello di coscienza dei pazienti non responsivi e favorirne la comunicazione con l’esterno”. L’iniziativa è coordinata dal Centro Puzzle e cofinanziato dalla Fondazione Cassa Risparmio di Torino (CRT). L’obiettivo è lo sviluppo di un software in grado di verificare la presenza di uno stato di coscienza in pazienti in stato vegetativo post-coma.

A seguito di importanti eventi traumatici, vascolari, anossici o infettivi, il cervello può andare incontro a severi danni, che spesso conducono al coma. Il coma, tuttavia, rappresenta solo una condizione transitoria. Alcuni pazienti non riescono a superare la fase acuta e muoiono. Altri, invece, dopo alcuni giorni o qualche settimana, si risvegliano.

I più fortunati, circa un soggetto ogni tre, recuperano completamente lo stato di coscienza. Gli altri pazienti, invece, passano dal coma ad una serie di condizioni cliniche identificate come Stato Vegetativo (SV) e Stato di minima coscienza (SMC). Nel primo caso la coscienza è totalmente assente; nel secondo, invece, c’è uno stato emergente di coscienza, spesso molto difficile da diagnosticare.

Mentre i pazienti in coma non riescono a svegliarsi, i pazienti in SV e SMC recuperano la vigilanza, ovvero riaprono gli occhi e alcuni riflessi involontari.

Fino a qualche anno fa si riteneva che tutti i pazienti usciti dal coma, che non erano responsivi, fossero in SV. Negli ultimi anni, tuttavia, si sono accumulate le evidenze di presenza di coscienza anche in pazienti non responsivi, rivelando una elevata incidenza di errore diagnostico.

Alcuni studi suggeriscono che il 43% dei pazienti diagnosticati come SV non riescano a manifestare alcun segno di presenza di coscienza durante i test diagnostici. Il motivo è che questi test si basano unicamente su risposte motorie a comandi verbali. I pazienti in SV, spesso soffrono di una totale paralisi che include anche il battito palpebrale ed i movimenti oculari.

Appare quindi chiaro che i criteri e gli strumenti utilizzati per fare diagnosi differenziale tra pazienti in stato vegetativo e pazienti in condizione di minima coscienza non-responsiva siano insufficienti.

Il gruppo di ricerca coordinato dal Centro Puzzle intende rispondere all’esigenza di riuscire a sviluppare un’interfaccia cervello-computer che permetta di rilevare le intenzioni motorie di questi pazienti. Ciò indipendentemente dal fatto che producano o meno un movimento visibile all’esaminatore. Il tutto grazie a misurazioni non invasive, come quelle elettroencefaliche ed elettromiografiche,

L’ipotesi progettuale presuppone che le persone con basso grado di coscienza siano in grado di pianificare i movimenti richiesti dall’esterno, ma non siano in grado di eseguirli correttamente.

I ricercatori cercheranno di isolare e classificare i cosiddetti potenziali elettrici di prontezza, usati per la prima volta in pazienti non responsivi. Il tutto grazie ad un innovativo metodo di analisi di questi segnali elettrofisiologici,

L’analisi dovrebbe permetter di distinguere tra movimenti totalmente inconsapevoli (es. riflessi) e movimenti intenzionali rivelando la presenza di intenzione e coscienza. Ciò porterebbe non solo a una migliore diagnosi nelle realtà cliniche, ma consentirebbe anche ai pazienti stessi di comunicare semplici intenzioni (es. “sì”, “no”) al personale medico. Ne trarrebbero beneficio la qualità di vita e l’efficacia delle terapie neuro-riabilitative.

Attualmente sono state concluse le operazioni di creazione del paradigma sperimentale e del software, mentre l’applicazione sperimentale è in corso di svolgimento presso il Centro Puzzle.

 

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