Secondo la Corte di Cassazione, chi decide di urlare di notte contro i cani dei condomini che abbaiano, rischia una condanna.

Con la sentenza n. 47719/2018, la Corte di Cassazione ha dichiarato che chi decide di urlare di notte contro i cani dei vicini, che a loro volta disturbano perché abbaiano, rischia una condanna.

Infatti, secondo gli Ermellini, non rileva l’esasperazione provocata dal disturbo degli animali a giustificare le urla e i fischi che superano il limite.

La vicenda

Nel caso di specie, la Cassazione ha confermato la condanna al pagamento di 900 euro di ammenda nei confronti di una donna. Questa era imputata della contravvenzione di cui all’art. 659 del codice penale.

Dagli accertamenti è emerso che per molti anni la signora era stata solita urlare di notte, affacciandosi alla finestra e disturbando i vicini inveendo contro i loro cani che abbaiavano incessantemente.

La difesa della donna aveva sottolineato proprio questo aspetto. Ossia come la reazione esasperata della donna fosse stata il frutto di una problematica importante causata dai cani.

Il disturbo causato di giorno e di notte dagli animali aveva condotto la donna ad assumere questi comportamenti. La signora era arrivata anche a pronunciare il nome del proprietario del cane allo scopo di invitarlo a una migliore educazione.

Ma gli Ermellini non hanno accolto la tesi difensiva, ritenendola infondata.

Urlare di notte, infatti, risponde al reato ex art. 659 c.p.. La norma in questione tutela l’interesse dello Stato alla salvaguardia dell’ordine pubblico, considerato nel particolare aspetto della tranquillità pubblica.

In sostanza, il bene giuridico protetto viene offeso dal disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, cagionato mediante rumori, di qualunque specie e natura.

Rumori che sono atti a determinare il turbamento della tranquillità pubblica, oppure da schiamazzi, che la giurisprudenza qualifica come “grida scomposte e clamorose”.

Sul tema delle grida notturne la Cassazione si è espressa in diverse circostanze.

La sentenza n. 13000/2009 ha chiarito come la contravvenzione ex art. 659 c.p. sia un reato di pericolo. Pertanto, la valutazione sull’entità del fenomeno rumoroso deve essere compiuta in rapporto alla media sensibilità del gruppo sociale in cui il fenomeno rumoroso si verifica, considerate le circostanze di luogo e tempo della azione.

Il Tribunale ha seguito tale interpretazione: in particolare, ha ritenuto idoneo l’atto di urlare di notte a disturbare potenzialmente la quiete ed il riposo di un numero indeterminato di persone.

Dal capo di imputazione, infine, emerge che la condotta ascritta all’imputata era proprio quella di porre in essere delle urla anche di notte in grado di disturbare il riposo e le occupazioni delle persone.

Il ricorso della donna va pertanto respinto.

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