Il Consiglio di Stato su visite fiscali e reperibilità dà parere favorevole sulla possibilità di uniformare gli orari tra pubblico e privato

In merito alle nuove visite fiscali e reperibilità è arrivato il parere favorevole anche da parte del Consiglio di Stato.
Quest’ultimo, infatti, per quanto riguarda il decreto interministeriale destinato a intervenire sulla disciplina delle visite fiscali nel pubblico impiego, ha fornito precisazioni sugli orari in cui dovranno essere effettuate.
Infatti, a proposito di visite fiscali e reperibilità l’obiettivo è quello di uniformare e armonizzare gli orari tra pubblico e privato.

Il provvedimento n. 1939/2017 si configura come l’ultimo step necessario a perfezionare il nuovo regolamento destinato ad attuare il “polo unico delle visite fiscali”.

Questo, è disciplinato dalla riforma Madia (artt. 18 e 22 d.lgs. n. 75/2017) ed è entrato in vigore il 1° settembre.
Le osservazioni espresse in merito da Palazzo Spada sui dieci articoli che compongono lo schema di decreto non sono state molte.
Questo significa che, superato lo step riguardante visite fiscali e reperibilità, il provvedimento non dovrebbe subire pesanti modifiche in sede di stesura definitiva.
I giudici amministrativi hanno, in particolare, sottolineato la necessità che vi sia una uniformazione per quanto concerne gli orari nel settore pubblico e in quello privato.

Ma quali sarebbero le fasce orarie in questione?

L’art. 3 dello schema individua quali fasce orarie di reperibilità i periodi ricompresi tra le ore 9 e le 13 e tra le ore 15 e le 18 di ciascun giorno.
Pertanto, c’è una differenza tra dipendenti pubblici e privati, in relazione ai quali sono invece previste fasce orarie di reperibilità più brevi.
Queste vanno tra le ore 10 e le 12 e tra le ore 17 e le 19.
Il Ministero ha motivato la differenza ritenendo che “l’armonizzazione avrebbe comportato una riduzione delle fasce orarie per i dipendenti pubblici e una minore incisività”.
Il Consiglio di Stato ha invitato l’Amministrazione a procedere all’armonizzazione delle fasce orarie di reperibilità fra dipendenti pubblici e dipendenti del settore privato.

Un altro capitolo è quello della tutela della privacy del lavoratore.

Il decreto prevede infatti che le comunicazioni tra lavoratore, datore di lavoro e INPS debbano avvenire per il tramite di specifici canali telematici e con modalità idonee a garantire la privacy dei soggetti sottoposti a visita fiscale.
A questo proposito, i giudici amministrativi auspicano che venga acquisito il parere del Garante per la privacy, che non risulta, invece, previsto dalla normativa di delega.
Un’altra importante questione riguarda la circostanza in cui il dipendente richieda la rettifica del certificato medico nel caso in cui intenda riprendere l’attività lavorativa in un periodo precedente all’iniziale prognosi.

In tal caso, la rettifica “deve essere effettuata dal medesimo medico che ha redatto la certificazione di malattia ancora in corso di prognosi”.

Per i giudici, però, il termine “rettifica” non si adatta a tale circostanza.
Pertanto è stato chiesto di utilizzare una terminologia diversa, come ad esempio quella di “certificato sostitutivo”.
La Sezione, inoltre, ha rilevato che la norma richiama il “medesimo medico” che ha rilasciato il certificato. Anche qui, però c’è qualche problema.
Potrebbe infatti risultare non tecnicamente possibile ricorrere allo stesso professionista per la “rettifica”, e questo darebbe luogo a lungaggini che potrebbero ritardare l’anticipato rientro del lavoratore.
Per questa ragione, la Sezione ha invitato l’Amministrazione a valutare la possibilità d’integrare l’articolo de quo, consentendo il rilascio del certificato anche da un altro sanitario.
 
 
 
 
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