Il medico sarà processato per la morte di una neonata. Nonostante dei dubbi tracciati cardiotocografici, non avrebbe ritenuto necessario procedere immediatamente al parto cesareo

“Gestione del travaglio gravata da elementi di imprudenza e imperizia”. Sono le conclusioni dei consulenti del Tribunale di Potenza  in relazione all’inchiesta aperta dalla Procura sulla morte di una neonata, deceduta a gennaio 2013 poche ore dopo essere venuta al mondo. Basandosi sulla perizia degli esperti, il Giudice per le indagini preliminari ha rinviato a giudizio, con l’accusa di omicidio colposo, un ginecologo in servizio presso l’Ospedale del capoluogo lucano.
La piccola vittima era stata ricoverata in terapia intensiva subito dopo la nascita per una grave asfissia. Il decesso, secondo l’ipotesi avanzata dall’accusa, sarebbe stato causato da una “distocia dinamica improvvisa”. Per il Pubblico ministero quella morte si poteva evitare. Secondo quanto li legge nella richiesta di rinvio a giudizio, il ginecologo, “pur risultando dubbi i tracciati cardiotocografici” eseguiti alla madre nelle ore immediatamente precedenti alla nascita della bimba, “ometteva di provvedere all’immediato espletamento del  parto cesareo che veniva espletato con ritardo solo dopo le 18, quando la situazione si presentava urgente già dalle 17.35”.
In particolare, secondo i periti, il tracciato effettuato un’ora e mezza prima del parto era da considerarsi patologico e il personale sanitario, pertanto, avrebbe dovuto optare immediatamente per la sala operatoria piuttosto che “perseverare nella gestione del parto per vie naturali”.
La donna, alla 34esima settimana di gravidanza, era giunta presso il nosocomio nel primo pomeriggio e inizialmente era stata rimandata a casa. Ma all’acutizzarsi dei dolori accusati era tornata in ospedale dove, a quel punto, era stata ricoverata e portata in sala parto. Qui, secondo gli esperti incaricati dal Giudice, si sarebbe verificata una “sofferenza fetale acuta, aggravata dalle lesioni traumatiche riportate nel corso del disimpegno forzoso messo in atto dai sanitari intervenuti”.
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