Altra decisione del Tribunale di Milano che ha accolto il ricorso di una Ausiliaria della RSA contro la sospensione senza retribuzione dovuta alla mancata vaccinazione anti COVID-19 (Tribunale di Milano, Sez. Lavoro, Sentenza del 15 settembre 2021, Giudice Dott. Lombardi)

La lavoratrice ricorre al Giudice del Lavoro lamentando la illegittimità del provvedimento della propria datrice di lavoro di sospensione senza retribuzione dal lavoro.

Secondo la Cooperativa datrice di lavoro il provvedimento deve, invece, considerarsi legittimo in base a quanto previsto dall’art. 2087 c.c., poiché finalizzato a tutelare l’integrità e le condizioni di salute dei lavoratori, degli ospiti e di tutti gli utenti della RSA, potendo comportare il rifiuto di sottoporsi alla vaccinazione gravi conseguenze sulla salute dei soggetti ricoverati.

La donna, come detto, ricorre avverso il provvedimento di sospensione, sostenendo che il datore di lavoro non può, in assenza di una legge specifica che a ciò lo autorizzi, imporre al proprio dipendente un trattamento sanitario, prevedendo come conseguenza la perdita, anche se temporanea, del posto di lavoro e della retribuzione.

Il Giudice del Lavoro accerta la fondatezza del ricorso.

Il datore di lavoro, infatti, deve verificare l’esistenza in azienda di posizioni lavorative alternative, astrattamente assegnabili al lavoratore, atte a preservare la condizione occupazionale e retributiva, da un lato, e compatibili, dall’altro, con la tutela della salubrità dell’ambiente di lavoro, in quanto non comportanti il rischio di diffusione del contagio da COVID-19, rappresentando la sospensione del lavoratore l’extrema ratio.

Confermato, pertanto, l’orientamento di merito delineatosi negli ultimi mesi il quale predica che la sospensione dal lavoro è l’extrema ratio.

Sussiste l’obbligo di ricollocamento del lavoratore, che viene meno solo nel caso in cui si dimostri l’impossibilità di ricollocarlo in una posizione equivalente o inferiore: onere che, nel caso in esame, non è stato assolto dalla Cooperativa datrice di lavoro.

In ogni caso, il provvedimento adottato sarebbe comunque illegittimo, anche alla luce del decreto-legge n. 44/2021 che, all’art. 4, comma 1, prevede l’obbligo vaccinale per i Sanitari, le modalità di accertamento del rispetto di tale obbligo e le conseguenze in caso di mancato assolvimento.

Nel caso esaminato, il datore di lavoro avrebbe potuto procedere alla adozione del provvedimento di sospensione senza retribuzione solo dopo avere attentamente verificato di trovarsi nella impossibilità di destinare la dipendente in questione a una mansione equivalente o inferiore, garantendo la medesima retribuzione.

Il Tribunale di Milano accoglie il ricorso della lavoratrice, senza disporre la reintegra, in quanto non vaccinata, e dichiara accertata “l’illegittimità del provvedimento di collocamento in aspettativa non retribuita, con limitazione alla sospensione della retribuzione”.

Ne consegue che il datore di lavoro sarà tenuto a corrispondere alla dipendente la retribuzione, dalla data della sospensione fino alla effettiva ripresa del servizio, o fino all’adozione di provvedimento legittimo di sospensione, da porsi in essere solo dopo l’esperimento delle procedure indicate dalla legge.

Avv. Emanuela Foligno

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