Acuta sofferenza cardiocircolatoria secondaria a IMA ed errata diagnosi (Tribunale Terni, n. 462/2021 del  04/06/2021).

Acuta sofferenza cardiocircolatoria secondaria a IMA ed errata diagnosi è quanto viene contestato dai congiunti del paziente deceduto.

Con atto di citazione i congiunti del paziente citano a giudizio l’Azienda Sanitaria invocandone la responsabilità per il decesso del familiare dovuto ad acuta sofferenza cardiocircolatoria secondaria a IMA.

Nello specifico, gli attori espongono che il familiare,  mentre si trovava a lavorare come operaio della ditta di costruzioni edili presso un cantiere, avvertiva un forte dolore al petto e al braccio sinistro che lo costringeva ad inginocchiarsi, per cui veniva soccorso dagli altri operai e accompagnato al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Terni.

A seguito del ricovero, avvenuto alle ore 11.31, veniva sottoposto ad alcuni esami e poi dimesso alle ore 17.09, ma dopo il rientro a casa accusava nuovamente un forte dolore al torace e all’arto superiore sinistro, per cui chiedeva l’intervento dei sanitari del 118, i quali, tuttavia, giunti presso la sua abitazione alle ore 4.00, tentavano invano di rianimarlo ed erano costretti a constatarne il decesso.

Secondo gli attori, dall’autopsia disposta dalla Procura della Repubblica emergeva che la causa del decesso era da rinvenirsi in ” acuta sofferenza-insufficienza cardio -circolatoria, secondaria ad un infarto del miocardio “, il che rendeva palese l’erroneità della diagnosi formulata al momento delle dimissioni dai sanitari della struttura convenuta che deponeva per ” algia da sforzo arto superiore sinistro “, i quali, non attenendosi alle linee guida, non avevano raccolto un’adeguata anamnesi (non rilevando che trattavasi di paziente con abitudine tabagica di 40 sigarette al giorno e con padre deceduto a 64 anni di infarto cardiaco e madre deceduta a 45 anni per ictus cerebrale, e dunque di paziente ad alto rischio di patologie ischemiche cardiovascolari.

Evidenzia la convenuta che all’accesso in Pronto Soccorso il paziente riferiva di avere svolto nei giorni precedenti un’intensa attività fisica con tiro di funi per la costruzione di un ponteggio, eccepiva che la diagnosi e le indicazioni terapeutiche fornite al momento delle dimissioni erano coerenti con la buona risposta alla terapia praticata (con somministrazione di antinfiammatorio specifico per il dolore muscolare e osteoarticolare, e applicazione di un tutore per l’arto superiore), con i risultati degli esami ematochimici (che non avevano evidenziato nulla di patologico) e con gli esiti dei due elettrocardiogrammi (valutati nella norma dal cardiologo di guardia), dai quali si evinceva che il dolore avvertito dal paziente era chiaramente di natura somatica (come confermato dalla diversa intensità dello stesso a seconda della posizione dell’arto e in reazione alla digito -pressione), e che, del resto, anche il Consulente incaricato dal Pubblico Ministero nel procedimento penale a carico dei medici (conclusosi con l’archiviazione) evidenziava che non vi era alcun elemento di censurabilità tecnica nell’operato degli stessi, soprattutto in ragione del fatto che il dolore era in realtà insorto molte ore prima dell’accesso del paziente al Pronto Soccorso (come dal paziente stesso riferito ai sanitari) .

Il Tribunale ritiene fondata la domanda degli attori.

Gli attori hanno indicato la condotta colposa (omissiva e commissiva) ascritta ai sanitari della Struttura convenuta, consistita nell’avere formulato un’errata diagnosi all’esito di un’anamnesi incompleta e fuorviante, nell’aver omesso l’effettuazione di alcuni doverosi esami e nell’avere dimesso frettolosamente il paziente, e hanno dedotto la sussistenza di un nesso di causalità materiale tra tale condotta e il decesso avvenuto per acuta sofferenza cardiocircolatoria e IMA , allegando l’esistenza di un danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale subito in conseguenza del suddetto illecito.

Ebbene, è da considerarsi accertato che il paziente sia deceduto  per un’acuta sofferenza cardio-circolatoria secondaria ad infarto miocardico , non diagnosticato dai Sanitari della Struttura convenuta, i quali, poche ore prima del decesso, avevano dimesso il paziente con la diagnosi di ” algia da sforzo arto superiore sinistro “.

Il perito incaricato dal P.M., dopo aver premesso che la lesione ischemica miocardica sarebbe insorta almeno 12 -18 ore prima della morte del paziente e che la sintomatologia con la quale egli era giunto al Pronto Soccorso (dolore anterotoracico irradiato all’arto superiore sinistro) comportava notevoli difficoltà diagnostiche (non esistendo, in linea generale, una relazione tra l’intensità del dolore toracico e la gravità dello stato morbo so, potenzialmente riconducibile alle strutture corporee e/o agli organi più svariati), ha evidenziato ” il sanitario del PS, che ha accolto il paziente il giorno 2.05.2011, verosimilmente ha ritenuto che la causa del dolore, tra le varie possibilità etiologiche, potesse avere una origine cardiologica o ortopedica, gli accertamenti diagnostici successivamente effettuati (consulenza cardiologica, ECG , esami ematochimici specifici e consulenza ortopedica) dovrebbero ritenersi espressione di un comportamento professionale fino a questo punto […] adeguato, in particolar modo per quanto riguarda il sospetto di una origine cardiaca del dolore , tenuto conto anche delle indicazioni fornite dalle linee guida internazionali in materia. L’ECG può anche essere non diagnostico, senza alterazioni del segmento ST o dell’onda T e ciò non esclude la possibilità di una sindrome coronarica acuta, in considerazione del fatto che le alterazioni ECGrafiche possono verificarsi entro 1 ora dall’esordio della sintomatologia e fino a 24 ore;  questi pazienti devono essere tenuti sotto osservazione con ECG seriati, dosaggi dei markers sierici per le successive 8-12 ore al fine di evidenziare o escludere ischemia o IMA “, e nei pazienti che si presentano 10 -12 ore dopo la comparsa dei sintomi va eseguito subito il prelievo, che se positivo, deve essere ripetuto ogni sei ore per 24 -48 ore […]…..Dopo aver giustamente eseguito un ECG e il dosaggio degli enzimi cardiaci che risultavano essere negativi, il sanitario di PS dimetteva il paziente affidandolo alle cure del medico curante e questo comportamento trovava giustificazione nel fatto che in anamnesi il paziente aveva riferito che la sintomatologia era insorta dalla notte, essendo stato applicato il protocollo internazionale laddove prevede che nei pazienti che si presentano 10 -12 ore dopo la comparsa dei sintomi, si può escludere che sia in atto un infarto del miocardio …[..]..   il suddetto dato anamnestico (circa l’insorgenza della sintomatologia), che ha fuorviato il giudizio diagnostico del sanitario del PS di Terni, contrasta con le dichiarazioni dei colleghi di lavoro del paziente, che viceversa affermano che il suddetto nella mattinata del 02.05.2011 mentre era sul luogo di lavoro si sia accasciato al suolo per il dolore; dato cronologico questo che peraltro coincide con i risultati dell’autopsia ….[..].. conclusivamente  nell’operato dei sanitari che ha avuto in cura il soggetto presso il Pronto Soccorso di Terni non emergono profili di censurabilità tecnica “.

Le conclusioni del CTU del P.M.  sono contraddittorie e non convincenti.

Viene evidenziato che nella valutazione finale del CTU è decisivo il rilievo in base al quale il giudizio diagnostico del Sanitario del Pronto Soccorso sarebbe stato fuorviato dalla falsa informazione fornita in fase di anamnesi circa il momento di insorgenza della sintomatologia, collocato dallo stesso paziente nella notte precedente il ricovero, anziché nella mattinata stessa.

Al proposito, il Tribunale richiama il principio in base al quale “la ricerca della situazione effettivamente esistente in capo al paziente è affidata interamente al Sanitario, che deve condurla in piena autonomia anche rispetto alle dichiarazioni rese dal paziente in sede di anamnesi, integrando un diverso operare una palese mancanza di diligenza”.

Ergo, è incomprensibile,  come l’aver il paziente collocato l’insorgenza della sintomatologia nel corso della notte anziché nella mattinata avrebbe giustificato la scelta dei Sanitari di applicare ” il protocollo internazionale che prevede che nei pazienti che si presentano 10 -12 ore dopo la comparsa dei sintomi “, dal momento che l’accesso del paziente al presidio ospedaliero risulta avvenuto alle ore 11.31 e dunque meno di 12 ore prima dell’inizio della notte precedente nel corso della quale – secondo quanto (falsamente) riferito dallo stesso paziente – sarebbero insorti i primi sintomi.

Invero, come risulta dalla cartella clinica, il paziente veniva dimesso (con l’erronea diagnosi di ” algia da sforzo arto superiore sinistro “) meno di sei ore dopo il ricovero.

Il CTU del procedimento civile, invece, concludeva: “essendo il paziente giunto al Pronto Soccorso in preda ad angina instabile che è evoluta nelle ore successive in un infarto miocardico, i numerosi errori compiuti dai Sanitari sono in diretta correlazione causale con l’errata diagnosi che ha impedito ai Sanitari di attuare le cure “terapia trombolitica, coronarografia per tentare una rivascolarizzazione miocardica se non altro a risparmio di territorio necrotico ” …….. che avrebbero garantito al paziente elevate probabilità di sopravvivenza …… il paziente non diagnosticato di infarto miocardico acuto, erroneamente dimesso, va incontro a una mortalità a breve termine di circa il 25%, pari al doppio di quella attesa in caso di ricovero,  dovendo quindi affermarsi che la condotta dei Sanitari è senz’altro censurabile per imperizia, imprudenza e negligenza e che al loro operato appare causalmente riconducibile, secondo il criterio del “più probabile che non”, il decesso del paziente”.

Il Tribunale condivide le risultanze della CTU svolta in sede civile e risarcisce il danno da perdita del rapporto parentale.

In considerazione, poi, del fatto che l’Azienda convenuta disertava l’invito alla mediazione obbligatoria e non accettava la proposta conciliativa formulata dal Giudice, viene condannata al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio.

Avv. Emanuela Foligno

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