Aggravamento della malattia professionale come accertato insussistente dall’Inail viene confermato dalla CTU. (Corte d’Appello di Catanzaro, Sentenza n. 1211/2021 pubbl. il 04/01/2022-RG n. 1241/2019)

Aggravamento della malattia professionale: quanto accertato dal CTP del lavoratore viene smentito dalla Consulenza d’Ufficio e dall’Inail. 

Con ricorso il ricorrente esponeva di avere svolto per circa 40 anni mansioni di minatore alle dipendenze di varie imprese specializzate nella costruzione di gallerie e che nello svolgimento di tali mansioni, oltre ad utilizzare strumenti pesanti e rumorosi, era rimasto esposto a polveri di natura silicogena e che per tale patologia era stato già indennizzato dall’Inail con una percentuale del 50% , ma che in sede di visita collegiale l’Inail non riconosceva  l’aggravamento della malattia professionale.

In sede di opposizione il ricorrente insiste per il riconoscimento della broncopneumopatia cronica silicogena con deficit restrittivo di grado moderato grave Fvc a meno 60% con un tasso di inabilità pari al 75%.

Il Tribunale di Crotone respingeva il ricorso e aderiva alle conclusioni del CTU che accertavano la insussistenza di  aggravamento della malattia professionale silicotica.

Il lavoratore propone appello premettendo che l’Inail aveva già riconosciuto la natura professionale della silicosi polmonare, con grado di inabilità del 50, il quale, sommato ad una percentuale del 14%, relativa ad altra malattia professionale (ipoacusia da rumore), conduceva alla misura del 55% , ai sensi del T.U. 1124/65 .

Aggiunge che, fatta eccezione per l’ipotesi della formula Gabrielli, la legge non impone l’utilizzo di una determinata formula a scalare nella valutazione complessiva di più menomazioni.

Su tali basi eccepisce l’errore dell’Inail e del CTU, consistente nel riconoscere un grado complessivo di inabilità del 55% , derivante dalla somma delle due percentuali riconosciute: 50% per silicosi + 14% per ipoacusia: 55% .

Ed ancora, secondo il ricorrente il CTU avrebbe errato nel far riferimento alle tabelle di cui al DM 38/ 2000: trattandosi di malattia professionale, con domanda presentata nel 1977, il CTU era tenuto ad applicare, quale sistema di calcolo, le tabelle di cui al T.U. 1124/65 e non di danno biologico.

Ad ogni modo, evidenzia sempre il ricorrente, sia facendo riferimento alle tabelle di cui al DPR n° 1124/ 65, sia utilizzando quelle di cui al DM 38/2000, ai valori emersi dalla spirometria corrisponde comunque un grado di inabilità del 60%. Tale percentuale riferita alla sola silicosi doveva essere valutata con il 14% a suo tempo riconosciuto alla ipoacusia da rumore, per cui appariva congruo riconoscere una percentuale complessiva del 70%.

La Corte osserva che solo in secondo grado l’appellante chiarisce in fatto: a) che la silicosi gli era stata riconosciuta a seguito di domanda amministrativa del 1977, dunque in data anteriore all‘entrata in vigore del D. Lgs. n° 38/00 e del DM 12.7.00; b) che nel 1990 gli era stata riconosciuta una ipoacusia bilaterale di origine professionale con una percentuale di inabilità al lavoro pari al 14% (circostanza , anche questa, del tutto taciuta nel ricorso introduttivo ); c) che dunque l’aggravamento di cui si discute, pur essendo riferito alla sola silicosi, deve tener comunque conto, nel suo calcolo complessivo, dell’ ulteriore patologia professionale riconosciuta a seguito di una domanda amministrativa anteriore al 2000.

Ciò posto le motivazioni del gravame non sono sufficienti a fare emergere alcun errore scientifico o carenza diagnostica in cui il CTU sarebbe incorso e, infine, non tiene conto dei chiarimenti resi dallo stesso in replica alle note osservazioni dei CTP.

E’ ben vero, osserva la Corte, che trattandosi di patologia denunciata e riconosciuta anteriormente al 2000, si deve avere riguardo alle tabelle allegate al DPR 1124/65, non a quelle di cui al DM 12.7.00.

Tuttavia, è lo stesso appellante a fondare la sua domanda dii aggravamento della malattia professionale sul fatto che dagli esami radiologici sono emerse risultanze diverse che, poste in relazione alla tabella di cui al D.M. 12.07.2000, depongono per il riconoscimento della malattia professionale con un grado di inabilità pari al 75%.

Ed ancora l’appellante, richiama la propria Consulenza di parte ove nessuna specifica indicazione è dato rinvenire nelle originarie tabelle allegate al DPR 1124/65.

Difatti, il CTU ha fatto riferimento per analogia ai criteri medico -legali dettati dalle tabelle del 2000, di gran lunga più esaustivi rispetto a quelle del 1965 al fine di distinguere tra patologie respiratorie ostruttive, restrittive o di tipo misto e, al loro interno, tra le insufficienze respiratorie lievi, medie, gravi e severe.

Il Consulente ha evidenziato in modo del tutto convincente che nel caso di specie non potesse parlarsi di un deficit ventilatorio grave, che l’appellante pone a fondamento del reclamato aggravamento, perché a ciò ostava in modo inequivoco il valore relativo alla SpO2 risultante dalla spirometria del 18.1.16, che era risultato pari al 97%, segno chiaro di una saturazione in ossigeno assolutamente nella norma.

Ancora, il Consulente ha valorizzato il fatto che da un esame cardiologico del 5.6. 17 il riscontrato impegno polmonare era da ricondurre ad una ipertensione arteriosa da diabete, non ad un aggravamento dell’insufficienza respiratoria. Conseguentemente non sussiste un aggravamento della malattia professionale.

Per tali ragioni, le critiche mosse alla CTU e poste a fondamento del gravame in appello si risolvono nell’espressione di un generico dissenso diagnostico e come tali non confermano l’aggravamento della malattia professionale invocato.

L’Appello viene respinto.

Avv. Emanuela Foligno

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